Rakisha correva tra gli alberi, con le attività dei suoi simili ancora nelle orecchie. Le felci e gli arbusti gli frustavano le gambe, con un sommesso rumore metallico, la foresta era una confusa macchia di colori ed odori, un'orgia di tutti i sensi, e lui correva contro il vento con gioia pura ed infantile.
Quanto gli mancava la caccia...
E Kalei sembrava pensare lo stesso, sfrecciava come una poiana, veloce, più veloce di lui. Era più leggera ed agile, e la sua armatura molto meno ingombrante.
Lo sguardo di Rakisha si perse su di lei, tutta muscoli guizzanti e grazia ferina, aveva trovato lei e aveva ritrovato la caccia, non era più un rinnegato, non era più una statua dormiente...era la perfezione, e lui non avrebbe osato chiedere di più.
Incapace di contenersi, e pur sapendo che era una mossa poco saggia in una battuta di caccia, urlò di rauca gioia da sotto la maschera.
Sapeva benissimo con cosa si sarebbero misurati di lì a poco, ma questo non significava che sulla strada non si potesse trovare qualche sfida interessante, con il doppio piacere della sorpresa. E così fu.
Pelliccia rosso ramata, corna affusolate ed acute, zanne poderose ed occhi nero pece. Rakisha non aveva mai visto nulla di simile.
Si occultarono entrambi, in nervosa allerta. L'animale non sembrò notarli. Ne aggirarono gli imponenti fianchi, spavaldi e sicuri. Troppo sicuri. Le sensibili orecchie della bestia captarono le vibrazioni dei loro passi, e lo guidarono con precisione matematica in direzione di Kalei. La terra tremava per la carica, e Rakisha guardò imponente quella montagna su quattro zampe avventarsi verso la sua compagna di caccia.
Ma Kalei lo sbalordì. Si acquattò flettendo leggermente le ginocchia, aspettando il momento più opportuno.
E quando la bestia fu vicina ridivenne visibile.
L'inaspettato cambio cromatico del bersaglio lasciò il bestione abbastanza allibito da rallentare la sua avanzata, senza peraltro fermarlo. Ma era più che sufficiente. Kalei balzò con grazia in alto e lateralmente, e con un solo fendente recise vene e tendini del collo. Il sangue schizzò con violenza, e lei ricadde come un gatto con un tonfo lieve, seguita a ruota dall'animale che stramazzò al suolo con un frastuono infernale.
Rakisha sbattè più volte le rugose palpebre, incapace di credere a quanto aveva appena visto. Impossibile muoversi in quel modo, doveva averlo per forza sognato. Eppure quell'ammasso di muscoli giaceva a terra tingendo di sangue l'erba, e la sua compagna che avrebbe dovuto essere morta si affaccendava intorno al suo cadavere. Ritornò con due collanine rudimentali, ognuna aveva appeso un incisivo dell'animale, lungo e stretto come un dito. Senza fiatare, ripresero la corsa.
L'astronave, opportunamente occultata, atterrò. Miyrth e Kahr erano preoccupati. Il viaggio era durato più del previsto, e alcune ore erano già trascorse da quando i facehugger erano stati sguinzagliati contro i due giovani guerrieri. Teoricamente, gli ibridi avrebbero dovuto nascere durante il viaggio ed essere all'arrivo ancora abbastanza piccoli da essere controllabili. Aspettandosi il peggio, Kahr richiamò sugli schermi l'immagine della stiva. E il suo cuore saltò più di un battito.
La pelle giallo scuro e i dread spessi e chitinosi, la bava che colava cadendo da due metri e mezzo di altezza. Gli abomini erano già adulti.
-Presto! disse Miyrth, -nella stiva!
-Cosa vuoi fare, mio signore?
-Semplicissimo, entriamo e li immobilizziamo con le reti, e speriamo che durino il tempo necessario a rinchiuderli...non possiamo rischiare che si liberino prima che arriviamo al villaggio..le gabbie sono resistenti all'acido, dovrebbero servire a contenerli. Ma questa è un'astronave da carico, e le porte della stiva non sono altrettanto coriacee.
E così scesero nei recessi dell'astronave, e digitarono il codice d'ingresso della stiva. La porta sgusciò di lato sibilando, e...senza il minimo preavviso, i due mastodontici esseri si scagliarono fuori con la forza di due locomotive. Kahr non ebbe il tempo di reagire, gli artigli straziarono la carne e la lingua dentata fece scempio del suo volto. Miyrth non perse tempo, scappò senza esitazioni uscendo dalla nave e lanciandosi nella macchia. Non c'era problema, teoricamente parlando. L'astronave era occultata, non l'avrebbero trovata a meno di sbatterci contro il muso. I due ibridi erano liberi, ma tutti gli altri xenomorfi erano al sicuro, imprigionati. Sarebbe tornato a prenderli in seguito, una volta sicuro dell'assenza degli abomini.
La vendetta, si disse, poteva anche aspettare.
Per il prossimo utente:
La caccia continua, Miyrth si riappropria dell'astronave, incontrandolo Rakisha scopre qualcosa sul proprio passato