Come promesso, eccomi. La poesia, posso dirvi solo questo, parla di un naufragio, di una tempesta che investe un veliero, ma in mezzo c'è di tutto.
Impressioni, immagini e distorsioni sensoriali, nella migliore tradizione del mio poeta preferito, Arthur Rimbaud, che possono solo essere interpretate, non spiegate. Ditemi che ne pensate.
è una perla di nodi indecisi
marinai impiccati al grigiore del cielo plumbeo
navighiamo su un fiammifero annacquato di nebbie
su un controsole di sangue infatuato
ogni scheggia che grida ha un falcetto
qui la mano del mare snida i ragni da ogni angolo
pelli di cannone si rincorrono, sul nostro mondo obliquo
qualcuno, smorto, si lascia aggiungere
altri, schiacciati da tuoni incancreniti
sordi ed estatici gli si buttano in braccio
e lo scafo si riabbraccia coi flutti
ritroviamo una pioggia in tridimensione
la paura ti si arrochisce nelle orbite
sale in casa un'ancella sbavante
mille e mille cadaveri, ed altari alla frutta
riaffiorano i vascelli pallidi
riaffiorano le scimmie dal piumaggio di Quetzal
riaffiorano le mosche di catarro delle pestilenze
ulula stridula la nostra Banshee
coi capelli di fili di stomaco
lava vele, tovaglie rugose
e lamenta i cugini del sonno
e finisce come un quadro ammiccante
con le ultime ondate, invitate al festino
col comitato di benvenuto dei colpi alla porta
con gli squali paralitici, e l'odore salmastro dei porti
NOTE: non ci sono errori, non è palle di cannone, proprio pelli, ed eventuali altri strani accostamenti sono parte della poesia, non errori di battitura.
Non scrivo in rima, quando lo faccio è proprio una canzone quella che sto scrivendo.
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