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ALIENS versus BOYKA 3: Dead Or Alive, Una fan fiction

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view post Posted on 4/6/2017, 14:44

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Intanto grazie per il commento e per avermi letto. Sì, sicuramente Boyka è stato finora secondario perché volevo provare ad allargare il discorso, visto il tema del torneo. Non sono uno scrittore, io gioco con la scrittura, e mi sono lasciato guidare da altri personaggi che premevano per partecipare. Ed ora, che siamo alla stretta finale, è ora di tirare le somme.

Ti anticipo che dopo questa fiction ho in mente qualcosa di diverso che vorrei provare... qualcosa che credo possa piacere a tanti del forum ^_^
 
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T-Black Concept Art
view post Posted on 4/6/2017, 16:02




non sei uno scrittore? accidenti dovresti farlo! ci sono ottimi dialoghi , le scene d'azione sono descritte divinamente oltre ad esserci dei personaggi molto carismatici...

CITAZIONE (Lucius74 @ 4/6/2017, 15:44) 
...Ed ora, che siamo alla stretta finale, è ora di tirare le somme.

Ti anticipo che dopo questa fiction ho in mente qualcosa di diverso che vorrei provare... qualcosa che credo possa piacere a tanti del forum ^_^

questa parte mi ha incuriosito davvero un sacco,mi domando cosa avrai in mente (non dirmi niente però :P )
 
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view post Posted on 4/6/2017, 16:07

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CITAZIONE
non sei uno scrittore? accidenti dovresti farlo!

ahaha ti ringrazio ^_^ Ci ho provato, ho anche pubblicato diversi racconti lunghi di vario genere (su Amazon e nei principali store on line) ma devo prendere atto di un'indisciplina di fondo che mi impedisce di definirmi scrittore.
Ho scoperto, con questo forum, che scrivere a puntate mi diverte e mi stimola, costringendomi alla regolarità. Però poi mi sembra di fare scelte che uno scrittore "vero" non farebbe mai :P
 
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T-Black Concept Art
view post Posted on 4/6/2017, 16:13




uno "scrittore dilettante" come direbbe david...o meglio, come david ;)
 
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view post Posted on 4/6/2017, 16:21

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ahahah m'hai sgamato: sono un androide su un pianeta lontano che scrive fan fiction aliene :D :D :D
 
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T-Black Concept Art
view post Posted on 4/6/2017, 16:33




;)
 
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T-Black Concept Art
view post Posted on 9/6/2017, 13:49




quando esce il prossimo capitolo? sono curioso
 
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view post Posted on 9/6/2017, 15:47

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ALIENS versus BOYKA 3: Dead Or Alive



11



Eve sputò sangue sul parabrezza. L’obiettivo era raggiunto, Lucas si era sfogato ed ora guidava più concentrato, ma in pochi secondi l’abitacolo si era riempito di schizzi di sangue. Il pilota ci aveva dato dentro, ed ora la canottiera nera della donna riluceva dal sangue che la ricopriva.
Lucas fissava avanti a sé e cercava di ignorare gli schizzi di sangue che aveva in faccia, e di come il volante gli sguisciasse da sotto la mano destra, bagnata. Si pulì la mano sul pantalone per cercare di asciugarsela. «L’altra volta non hai sanguinato così tanto», disse in tono neutro.
Eve non rispose, impegnata a cercare di asciugare quel disastro. Il sangue era caduto copioso anche sui fucili e cercò di ripulirli. La donna non riusciva a parlare perché era ancora in preda al piacere: essere accoltellata con una furia ed un odio così totali era stato estasiante. Non lo avrebbe permesso a nessuno, mai, ma c’era qualcosa in Lucas che le faceva perdere il controllo. Questo la spaventava, perché la distraeva... ma allo stesso tempo la inebriava.
Un forte scossone riportò entrambi alla realtà: stavano partecipando ad una corsa automobilistica dove ben poco era vietato, e dove i partecipanti avrebbero fatto di tutto per vincere. Di tutto.
Si voltarono entrambi a sinistra per scoprire un’auto blindata che stava tentando di speronarli e mandarli fuori strada. Com’era arrivato fin lì quel carro armato? Come aveva raggiunto la velocissima Ford Mustang? Non c’era tempo per trovare risposte: ora era il momento per Lucas di fare quello che sapeva fare meglio. L’unica cosa che sapesse fare.
Sterzando leggermente nella direzione dov’era spinto, Lucas riuscì a minimizzare gli spintoni ma non poteva continuare a lungo e stavano arrivando delle curve. «Spara a quello stronzo!» gridò Lucas.
Eve agguantò i due fucili più stretto che poté, visto che erano ancora viscidi di sangue. Lanciò il suo busto fuori dal finestrino e cominciò a sparare all’auto avversaria con entrambe i fucili. Era un fuoco impreciso, ma serviva a spiazzare l’avversario.
Le due auto era quasi allineate così Eve si limitò a sparare sul cofano dell’avversaria. «Rallenta!» gridò la donna, e Lucas capì. Rallentò quel minimo per retrocedere e lasciare sguarnita l’auto avversaria, così che Eve potesse sparare alle gomme.
Il pilota avversario sembrò capire il trucco e rallentò anch’egli, facendo in modo di stare così attaccato alla Ford da offrire il minor bersaglio possibile ai fucili di Eve. I secondi passavano e le curve si avvicinavano: la situazione andava sbloccata subito.
Eve lanciò nell’abitacolo uno dei fucili, si passò velocemente intorno alla testa la tracolla del pulse rifle e spingendosi con i piedi sulla portiera salì sul tettuccio della Ford Mustang. Lucas le urlava che non avrebbe resistito, che sarebbe caduta giù, ma la donna non rispose. Con una mano afferrò uno dei bordi del tettuccio e con l’altra sporse il fucile fino quasi ad infilarlo nell’abitacolo dell’auto avversaria: il pilota se ne accorse e frenò di colpo, ma non prima che Eve aprisse il fuoco.
Pochi proiettili esplosivi furono più che sufficienti per crivellare il corpo del guidatore, che perse il controllo dell’auto. Questa diminuì drasticamente la velocità ma non prima di sbandare, assestando un ultimo forte colpo alla carrozzeria della Mustang, con una forza sufficiente per sballottare Eve fuori dal tettuccio.
«Eve!» gridò Lucas cercando la donna attraverso gli specchietti retrovisori, finché la vide: reggendosi ancora con la mano al tettuccio dell’auto, il suo corpo si teneva a stento sul fianco della Mustang. «Tienti forte!» gridò il pilota.
«Non preoccuparti per me, pensa a guidare», gridò la donna, mentre impiegava ogni briciolo di forza per issarsi sull’auto, appoggiando ogni parte del corpo alla fiancata. Essere tutta ricoperta di sangue viscido non aiutava di certo.
Lucas prese la prima curva malissimo, perché aveva paura che un sobbalzo dell’auto facesse volar via Eve. D’un tratto fissò gli occhi nel vuoto: che diavolo stava facendo? Quella donna era il suo carceriere, lo stava costringendo a rischiare la vita e l’avrebbe ucciso senza batter ciglio, in caso di fallimento. Quella era l’occasione giusta: con la scusa di una curva presa male poteva farla volar via e metter fine a quella storia...
Il pilota guardò di getto nello specchietto retrovisore laterale e incrociò gli occhi di Eve: era chiaro che entrambi stavano pensando la stessa cosa. La donna lo fissava mentre le dita viscide di sangue perdevano la presa: stava cadendo, e non poteva evitarlo.
Lucas la fissò per interminabili attimi, prima di sporgere una mano fuori dal finestrino. «Prendimi la mano!» gridò.
La donna fissò quella mano, chiedendosi perché Lucas non stesse approfittando della situazione per liberarsi di lei. Velocemente la afferrò. «Cosa pensi...»
Non fece in tempo a finire la frase che il pilota affrontò una curva in modo tale da fare testa-coda. Mentre l’auto roteava su se stessa, Lucas lanciò in avanti la donna, sfruttando la forza centrifuga che l’auto stava sviluppando: senza alcuno sforzo, grazie solo alla spinta dell’auto, Eve si ritrovò spinta in avanti fino ad atterrare sul cofano dell’auto. «Al resto pensaci tu», le disse il pilota, mentre iniziava il lungo compito di recuperare il tempo perso.
Eve era stupita e senza fiato, ritrovandosi sdraiata sulla schiena sul cofano della Mustang. Solo di una cosa era sicura: prima di rientrare nell’abitacolo doveva occuparsi delle auto avversarie che stavano arrivando di gran carriera.
Afferrò il pulse rifle che aveva ancora a tracolla e dal cofano cominciò a sparare raffiche di proiettili esplosivi addosso agli avversari. Quasi come se pensassero all’unisono, Lucas cominciò a correre all’indietro, così da permettere alla donna di sparare dritto per dritto.
Acquisita abbastanza velocità e avvertita Eve, Lucas sterzò e fece roteare l’auto per tornare dritto sulla strada: la donna assecondò il nuovo giro centrifugo dell’auto e si fece rotolare nell’abitacolo. Entrò di testa e fu impegnativo rigirarsi per mettersi seduta normalmente, ma alla fine si ritrovò come quando erano partiti. Come se nulla fosse successo.
Per qualche attimo i due rimasero in silenzio, poi fu Eve a parlare. «Perché non mi hai mollato per strada?»
Lucas accennò un vago sorriso. «Immagino che questo sia il tuo modo di dire grazie. Perciò... prego.»
La donna sbuffò. «E va bene, grazie. Ma non capisco...»
«Mi piace troppo ucciderti, per rinunciare a te.»
Eve rimase di ghiaccio. Non si aspettava una frase del genere e non sapeva cosa dire. Purtroppo non ebbe tempo sufficiente per elaborarla e per trovare una risposta, perché quello che vide in lontananza cancellava ogni altra questione.
«Che cazzo succede?» bisbigliò.

~



Gli occhi di Eloise non vedevano più. Non perché fossero chiusi, ma perché stava ignorando sempre di più la sua fisicità per dedicarsi con sempre maggior vigore all’universo di sensazioni psico-chimiche che le proveniva dalla comunicazione con gli altri alieni.
Sentiva i muscoli irrigidirsi e ogni parte del suo corpo trasformarsi, seguendo le istruzioni genetiche che il dottor Lichtner aveva impostato, ma la sua mente era ormai lontana. La sua mente era entrata nel flusso costante delle comunicazioni fra xenomorfi. E non si limitava più ad ascoltare gli unici messaggi che ormai era in grado di capire, perché ora poteva comunicare.
Eloise stava invocando ogni alieno fosse in grado di avvertire il suo messaggio. E il suo messaggio era chiaro: «Venite a me...»

~



Boyka si muoveva come un fantasma tra la folla. Tutti erano in fermento per l’incidente, avvenuto in diretta televisiva, e al contrario delle altre scorrettezze che regolarmente si compivano al DOA questa non si poteva ignorare. C’era una parvenza di legalità da mantenere e già si parlava di aprire un’indagine: un modo elegante per mettere tutto a tacere. Ma intanto la confusione era ancora protagonista al posto dei combattimenti.
Mentre il pubblico urlava e tutti i tecnici si agitavano, Boyka camminava spedito verso la postazione di Testa di Cuoio. Sapeva che c’era lui dietro la vigliaccata subita da Eloise, sapeva che quel lottatore scorretto non aveva perso il vizio di cercare di spezzare le ginocchia per evitare gli scontri, ed ora era il momento di sistemare la questione. Era stato troppo tenero con lui, anni addietro, e aveva sbagliato a lasciarlo in vita: stavolta non avrebbe commesso lo stesso errore. L’unica domanda che Boyka si poneva era: ammazzarlo in fretta o fargliela pagare cara?
Lo intravide che parlottava con i suoi uomini. Pensò di avvicinarsi di soppiatto per contare sull’effetto sorpresa, ma ci ripensò: l’avrebbe affrontato a viso aperto per dimostrare che lui non era una iena, pronta a colpire di nascosto. Si avvicinò con passo deciso finché Testa di Cuoio non lo vide, contraendo il viso in un’espressione a metà fra la sorpresa e la gioia. Era come se fosse contento di poter saldare il conto con l’uomo che gli aveva strappato lo scalpo, ma allo stesso tempo ne avesse anche paura.
Testa di Cuoio disse qualcosa ai suoi sgherri che subito si dileguarono, mischiandosi alla folla: sicuramente andavano a preparare trappole da vigliacchi per proteggere il loro amico. Boyka si fermò e salì sul primo ring che trovò, facendo poi segno all’avversario di seguirlo: che lo affrontasse a viso aperto e senza trucchi.
Testa di Cuoio cominciò a guardarsi in giro, agitato, e forte del fatto che nessuno badava a quello che stava succedendo pensò bene di darsela a gambe verso gli spogliatoi.
Boyka già stava per scattare all’inseguimento quando si immobilizzò davanti ad una scena che lo lasciò di stucco. Testa di Cuoio era rientrato in sala e lentamente si stava avvicinando al ring... ma non con le sue gambe! Uno Yautja lo teneva sollevato per il collo, e si avvicinava al ring mentre l’uomo si agitava e scalciava.
Salito sul ring, il Predator si fermò davanti a Boyka, che lo fissava allibito.
«So chi sei», gracchiò lo Yautja in modo stentato: aveva evidentemente imparato la lingua umana ma non sembrava la sapesse padroneggiare più di tanto. «I miei uomini ti hanno visto ieri, mi sono informato su di te. So cosa ha fatto questo verme», ed agitò Testa di Cuoio, paonazzo, davanti al lottatore. «Non mi interessa la tua vendetta: voglio combattere e vincere un lottatore famoso come te.» Finito di gracchiare, il Predator con un colpo di polso spezzò il collo a Testa di Cuoio, lanciando via il cadavere come fosse spazzatura. «Basta con stupidaggini senza onore», disse poi. «Io sono un guerriero famoso, come te: solo uno di noi scenderà da qui.»
Boyka lentamente si tolse la divisa che gli era stata data: quello era il combattimento più importante della sua vita e voleva il corpo libero da stupidi stracci. Nessuna divisa poteva stargli bene, perché nulla della civiltà umana era pensato per lui. Forse era il più alieno fra gli umani di quella sala...
Distratto da quei pensieri, non si rese conto di cosa stava accadendo intorno al ring.

~



Il messaggio era stato recepito. Il messaggio era stato accolto. Ed Eloise era il messaggio.
Per evitare un’invasione incontrollata, gli umani tenevano sul pianeta solo alieni maschi, droni sterili che da soli erano spaesati. Non c’era alcuna Regina a coordinarli, a guidarli, a renderli un esercito invincibile. Finora...
Il messaggio di Eloise era diverso da qualsiasi altro mai avvertito dagli xenomorfi del pianeta, e “diverso” voleva dire una cosa sola: era appena arrivata una Regina a guidare la rivolta, a liberare gli alieni dalle gabbie in cui gli umani li avevano costretti. Era arrivato il tempo della rivolta.
Il messaggio psico-chimico che Eloise ricevette fu così potente che quasi ne fu annichilita. Così potente che ci si tuffò senza più speranza di tornare indietro: non era più Eloise, era parte di una forza potente che aspettava solo lei per essere completa.
Ora non erano più migliaia di alieni separati, ora erano una legione. Un corpo unico che pensava all’unisono. E il primo pensiero fu: «Che la guerra cominci.»

~



Lucas aveva il suo da fare a prendere le curve evitando di essere superato dalle altre auto che ormai gli erano alle costole. Aveva perso tutto il suo vantaggio ed ora doveva sudare ogni metro di strada. Così non sentì l’esclamazione di Eve.
Quando finalmente affrontò l’ultima curva e iniziò a pompare benzina per affrontare il rettilineo alla massima velocità, per riacquistare vantaggio sui pesanti mezzi blindati che lo inseguivano, vide finalmente cosa aveva visto la donna prima.
Si aspettava due o tre xenomorfi sulla strada, per rendere la gara più difficile, ma questo superava ogni aspettativa. L’orizzonte era nero. L’orizzonte si muoveva. L’orizzonte brillava dei corpi chitinosi delle creature che lo riempivano.
«Mio Dio...» si limitò a sibilare Lucas.
«Mi spiace», rispose Eve al suo fianco. «Neanche Lui potrà fare molto in questo caso.»

(continua)
 
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view post Posted on 16/6/2017, 08:24

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ALIENS versus BOYKA 3: Dead Or Alive



12



Gli occhi di Boyka e del Predator si fissavano in modo marziale, quello sguardo privo di astio o di furia che contraddistingue due combattenti che si studiano. Ognuno dei due lottatori portava la propria storia negli occhi, per chi fosse in grado di leggerla: ogni vittoria, ogni sconfitta, ogni paura e ogni determinazione, tutto era inciso a fuoco nel loro sguardo. E i due si studiavano senza voltare gli occhi, neanche quando era chiaro che c’era qualcosa che non andava.
La sala era agitata sin dall’incidente di cui era stata vittima Eloise, ma ora sembrava esserci altro, ma i due lottatori avevano escluso tutto ciò che non fosse compreso dai quattro lati del ring: in quel momento esistevano solo loro, il loro tempo e la loro dimensione. Il resto era solo rumore di fondo, una distrazione da ignorare. Compresi i versi che facevano chiaramente capire come degli xenomorfi fossero entrati in sala...
Lo Yautja si fece leggermente avanti, e Boyka capì che era un trattamento di favore. Si vedeva che si stava trattenendo, e il lottatore era più che convinto che quella creatura fosse solita gettarsi di peso addosso agli avversari, per assestare subito un colpo potente che avrebbe fiaccato loro fiato e resistenza, ma era chiaro che ora non stava per attaccare in quel modo. Voleva un combattimento più pulito.
Urla umane si fondevano con grida aliene, rumori inquietanti di carne strappata facevano da sfondo a schiocchi secchi che quasi sicuramente erano da imputare alle bocche aliene che si chiudevano addosso alle loro vittime. Tutto questo andava ignorato, perché stava avvenendo fuori dal ring.
Il Predator tentò un pugno dritto davanti a sé, a testare l’avversario: Boyka non si mosse. Era immobile a guardare l’avversario, senza che un solo muscolo vibrasse. In realtà stava raccogliendo ogni briciola di energia vitale e di concentrazione.
Il Predator tentò un pugno a spazzata non troppo convinto, troppo distante perché potesse essere davvero una minaccia, e anche stavolta Boyka non si mosse. Quando partecipava ai combattimenti clandestini trasmessi in diretta, allora sì che sapeva come intrattenere il proprio pubblico, soprattutto con tecniche inutili ma di grande effetto. Ora no, ora doveva combattere per... sopravvivere? No, un campione non pensa mai alla sopravvivenza, sarebbe un impedimento: un campione lotta perché è un campione. Perché l’energia che gli arde dentro ha bisogno di essere veicolata e di essere riversata all’esterno.
Lo Yautja gracchiava e pronunciava parole incomprensibili. Lo stava spronando, magari essere molto più alto e muscoloso di lui credeva fosse un deterrente per l’avversario. Come se nei lunghi anni nel carcere di Gorgon per Boyka non ci fossero mai stati giganti da atterrare...
La sala era ormai nera di carne chitinosa e di versi alieni. L’invasione stava per essere completa, e forse fu questo a distrarre lo Yautja. Un oceano di xenomorfi che dilania decine di corpi umani non è uno spettacolo da lasciare indifferenti, eppure sembrava che il Predator ignorasse ciò che stava accadendo. Lo stesso commise un grave errore: pensò che Boyka fosse fermo. Invece si stava solo caricando.
Ripetere due volte la stessa tecnica è da sciocchi. Ripeterla tre volte è da folli. Farlo sul ring con Boyka è da morti. Il Predator per la terza volta provò un pugno, stavolta diretto al volto, per spingere l’avversario ad iniziare a combattere. Ma mentre il pugno era ancora in volo Boyka fece scattare la spalla e in un attimo il suo gomito colpì le nocche della creatura. La convinzione di essere fisicamente superiore aveva impedito allo Yautja di caricare più di tanto il colpo, così anche un piccolo gomito umano fu in grado di provocargli danni alle nocche.
Il tempo di gridare per il dolore fu troppo lungo, perché lasciò la mano sospesa. E in pochi attimi di secondo Boyka gliela crivellò di pugni. L’incontro era appena iniziato e lo Yautja aveva già la mano destra ferita. Gli xenomorfi forse erano il nemico meno pericoloso in sala...

~



Lucas frenò così di colpo che a momenti Eve veniva sbalzata fuori dall’abitacolo. L’auto cominciò a sbandare e gli avversari che erano alle calcagna in un attimo la superarono. Lucas continuò ad accelerare e frenare per fare in modo di non trovarsi mai parallelo ad alcuna auto, perché c’era il rischio che l’autista gli sparasse dal finestrino. E già così stava rischiando parecchio.
Eve reputò inutile chiedere quale fosse il piano, anche perché quell’oceano di xenomorfi rendeva qualsiasi piano molto debole. Lucas finalmente stabilizzò l’auto solo quando riuscì a mettersi in scia dietro uno dei concorrenti, dall’enorme auto corazzata. Nel giro di pochi secondi dai contorni del retro dell’auto cominciarono a volare via alieni: quel concorrente stava letteralmente aprendosi un varco nel mare xenomorfo.
«Non durerà, lo sai?» chiese Eve, che intanto aveva ricaricato entrambi i fucili. Li guardava e le sembravano dannatamente inutili in quella situazione.
Ai lati della Ford Mustang sfrecciavano orde di teste oblunghe, artigli frementi e zanne luccicanti. Tutti troppo lontani per poterli colpire, grazie all’enorme auto che stava aprendo il varco. «Fin qui tutto bene...» bofonchiò Lucas.
«Sarebbe questo il piano?» gridò d’un tratto Eve. «“Fin qui tutto bene”?»
Lucas non rispose ma guardò per alcuni secondi il tachimetro: era innegabile che stavano rallentando. Forse il pilota davanti stava diminuendo la velocità perché si stava avvicinando una curva, ma la paura di Lucas era un’altra: anche quelle auto così blindate non potevano nulla contro un’invasione aliena di quelle proporzioni.
Il pilota si voltò di scatto a guardare la donna. «Ti fidi di me?»
Eve lo guardò stupita. Come poteva farle quella domanda? «Ma certo che non mi fido di te», rispose.
Lucas sbottò in una risata poi con la mano destra premette un pulsante invisibile alla base della leva del cambio. Senza guardare infilò la mano nel pertugio che si era aperto, sempre invisibile, e ne tirò fuori una granata, che porse ad Eve. «Io invece mi fido di te, perché se muoio nessuno saprà più farti provare certe emozioni.»
Eve aveva spalancato la bocca. In un’altra situazione avrebbe fatto pagar cara quella mancanza di rispetto, quel modo tronfio di rivolgersi a lei da parte di chi stava esagerando di molto l’importanza che aveva, ma tutto era cancellato davanti a quella granata.
«Perché avevi una granata nascosta?» sibilò la donna, afferrandola.
«Perché vicino al traguardo avrei fatto esplodere l’auto simulando la mia morte, così da poter avere abbastanza vantaggio per scappare il più lontano possibile da te.» Lucas disse tutto sorridendo. «Quella roba è potente, l’auto si sarebbe trasformata in un cumulo di metallo contorto e non avresti mai avuto la certezza che io non c’ero, dentro.»
Eve era allibita. «È un piano folle. Ci sono telecamere ovunque, come pensavi di uscire dall’auto non visto?»
«Avrei agito nel tratto di strada con il percorso alberato. Non dico che era un piano sicuro, ma qualcosa dovevo provare. Ora però non ha più importanza.»
«Dopo tutto quello che...»
«Dopo tutto quello che, sì» si sbrigò a chiudere il discorso Lucas. «Se volevi un pilota onesto e leale non dovevi venire a cercare nella fogna di paese dove mi hai trovato. Io non ho mai eseguito gli ordini di qualcuno, non fa parte del mio organismo. Se mi costringi, io fuggirò sempre. Sta a te, ora decidere...»
Eve lo fissava, sempre più allibita. «Decidere cosa
Lucas la fissò, sorridendo. «Se fuggire con me.»

~



Il Predator era potente, aveva una massa muscolare come una montagna: per questo non aveva alcuna possibilità con Boyka. Era lento, era massiccio, ogni suo colpo era prevedibile perché muoveva un gran numero di muscoli per caricarlo. Un solo suo pugno avrebbe spaccato la testa dell’avversario, e molti suoi incontri li aveva vinti perché aveva letteralmente spezzato in due l’altro lottatore, facendogli scrocchiare la schiena come un fuscello di legno, ma per far questo doveva prenderlo, l’avversario.
Boyka era carico e scattante, e dal primo colpo di gomito non si stava più fermando. Le sue mani callose erano durissime, per gli standard umani, ma non potevano nulla contro i potenti muscoli della razza Yautja: per questo stava attento a non colpire muscoli ma solo nervi e cartilagini.
Mentre ancora il Predator gridava per il dolore alle dita gli aveva preso a pugni polso ed attaccatura del bicipite, assicurandosi maggior lentezza nel braccio destro dell’avversario. Mentre la creatura cercava di spazzar via Boyka con la sinistra, questi si scansò velocemente per colpire a mano aperta l’ascella dell’avversario: non poteva provocare danni permanenti, ma dolore accecante sì.
Le grida del Predator quasi coprivano l’ululato dei mille xenomorfi che avevano invaso la sala. Boyka con rapidi gesti si arrampicò sul corpo dell’avversario fino ad incastrare la propria gamba con la sua grande testa: seduto sulle spalle del gigante, iniziò a riversargli su nuca e faccia una gragnola di colpi a pugni chiusi, con le nocche dell’indice esposte. Un’antica tecnica cinese per provocare più dolore possibile.
Quella posizione era troppo instabile per durare, e quando vide che il Predator alzava le braccia per afferrarlo, Boyka si lasciò cadere all’indietro, così che quando lo Yautja si trovò a braccia alzate poté infilarsi sotto le sue gambe e fare leva: la montagna cadde a terra con un tonfo sordo.
Rialzatosi d’un lampo, il Predator era furioso e totalmente fuori controllo: esattamente come lo voleva Boyka. Il lottatore non aveva la forza sufficiente per affrontare un avversario del genere, così ora poteva contare sulla forza che l’avversario stesso gli forniva, involontariamente.
Lo Yautja partì alla carica per schiacciare l’uomo con il suo peso, quindi a Boyka bastò lasciarsi cadere all’indietro alzando le gambe, così da fare da “rampa di lancio” per l’avversario, che volò dall’altra parte del ring, cadendo addosso alle corde. Quando si rese conto che aveva le gambe a penzoloni fuori dal ring, dove era pieno di xenomorfi, lo Yautja si sbrigò a ritirarle dentro. Ma nessun alieno lo aveva degnato di attenzione.
«Nessuno ci attaccherà» disse Boyka, sapendo che la creatura lo capiva. «Sono tutti controllati da una mia amica.» Questa l’avrebbe capita, lo Yautja?
Quest’ultimo partì di nuovo alla carica, a riprova che non era un campione così capace come credeva: probabilmente aveva vinto tutti gli incontri con gli umani sfruttando semplicemente la forza fisica. Meritava una lezione, così Boyka aspettò che fosse vicino e fece scattare in avanti la mano, afferrandogli una delle zanne che, nel grido di battaglia, il Predator aveva esposte all’aria. Il lottatore strattonò giù così forte che l’avversario, costretto a seguire la sua mano, cadde rovinosamente a terra con un rumore sinistro. Il rumore della sua zanna che si spezzava, sotto il peso del suo stesso corpo.
Una capriola, e Boyka cadde a peso morto sull’avversario, assicurandosi che il proprio tallone finisse su un’altra zanna, rompendogliela. Il Predator gridava e fendeva l’aria coi suoi potenti pugni, ma i riflessi di Boyka li evitavano accuratamente.
Quando lo Yautja si rialzò era una maschera di sangue verde luminescente. I suoi occhi non erano più sicuri, il suo corpo non più così dritto. Boyka continuava invece ad essere immobile: era inutile attaccare quella montagna, bastava aspettare che si sgretolasse da sola.

~



«E dove potremmo fuggire, io e te?» chiese Eve con tono sarcastico.
«Non lo so, sei una donna capace e sono sicuro che hai mille risorse. Fra pochi secondi c’è una curva, dovremo rallentare e gli alieni ci prenderanno. Oppure lanci quella granata in modo da colpire più macchine avversarie, creiamo un botto di quelli potenti che si porta via qualche creatura e attira l’attenzione degli altri, e invece della curva andiamo dritti. In qualsiasi altro posto.»
«I tuoi piani mi sembrano uno peggio dell’altro...»
«Stiamo rallentando sempre di più, Eve, da un momento all’altro saremo sommersi da mostri. A te non frega niente, tanto non puoi morire, ma perderai me. Perderai l’unico uomo che...»
«Ma piantala!» gridò Eve, «e preparati a mancare quella curva.»
Lucas sorrise. Eve si sporse e lanciò la granata in un punto preciso. Rientrò e guardò il pilota. «Vediamo quanto fa schifo il tuo piano...»

~



Con il braccio destro rattrappito dal dolore e i muscoli frementi, gli attacchi del Predator si erano fatti molto meno temibili. Era una montagna di carne tremula che combatteva ciecamente, che non voleva ammettere che Boyka era diverso da tutti gli avversari umani che aveva incontrato finora. Che gli altri erano semplici lottatori: lui era un campione.
Lo Yautja cercò di afferrare l’uomo con le due mani in avanti, ma quando strinse l’aria poté vedere Boyka sferrargli una gomitata in pieno volto, proprio doveva aveva già colpito prima con i gomiti. Un occhio dello Yautja si chiuse definitivamente e il sangue continuava a sgorgare.
Era inutile continuare. Approfittando che il Predator era chino a gemere di dolore, Boyka gli afferrò una delle zanne ancora sane e tirò in avanti, seguito dal corpo dolorante dello Yautja, fino a scagliarlo fuori dal ring. La montagna cadde nel fiume chitinoso sotto di lui, scomparendo per sempre.

~



L’esplosione fece il suo dovere. Coinvolse almeno due auto, che a loro volta esplosero, e decine di xenomorfi vennero spazzati via, attirando l’attenzione di tutti gli altri. Lucas sterzò violentemente un attimo prima dell’esplosione, così da non essere colpito e di essere già lanciato quando gli alieni cominciavano a volare via. Corpi di xenomorfi ammaccarono pesantemente l’auto, ma dopo alcuni attimi tesi in cui non era chiaro se le lamiere avrebbero resistito, Lucas ed Eve si ritrovarono in un tratto desertico, viaggiando a tutta velocità lontano dal tracciato del DOA.
Lucas non aveva tempo di esultare, perché guidare quell’auto su un terreno ancora più impervio non era uno scherzo, con il rischio che l’ondata di xenomorfi li seguisse e il rischio, tutt’altro che sventato, che uno pneumatico forato dal sangue alieno li lasciasse fermi nel nulla. L’esplosione era un diversivo perfetto, tutte le creature stavano circondando la zona mentre le auto dei partecipanti si ammassavano. Sarebbe stata una strage, ma questo non lo riguardava. Tutte le persone di cui gli importava erano in quell’auto che stava guidando verso la salvezza. Anche se la salvezza era una enorme incognita.
Si voltò giusto un attimo per sorridere ad Eve e fargli capire quanto fosse importante per lui... e fu allora che la vide sanguinare...

~



Quanto poteva fidarsi Boyka a scendere dal ring? Quanto poteva essere sicuro che gli xenomorfi erano davvero guidati da Eloise? In fondo nessuno aveva provato a salire sul ring, quindi era quasi sicuro. Ma scendere tra loro era tutto un altro discorso.
Mentre si guardava intorno per decidere il da farsi, Boyka vide Eloise. O meglio, vide il suo corpo. Un gruppo di xenomorfi lo stava trascinando con cura, probabilmente per farne la propria Regina.
Boyka guardò impotente lo spettacolo della sua ex allieva, ridotta quasi ad un involucro, che veniva trascinata come una bambola senza vita. Forse sarebbe stato meglio per lei rimanere nella casa del suo creatore, forse sarebbe stato meglio per lei non averlo mai incontrato... Di sicuro non l’aspettava un bel futuro, come Regina Aliena, ma forse lei preferiva così.
Boyka non sapeva cosa pensare, né comunque aveva potere di intervenire. Guardava tristemente il corpo della ginoide che aveva sperato di poter forgiare a propria immagine... Era uno spettacolo penoso, quindi Boyka prese come consolazione la potente luce che invase la sala.

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«Che ti prende, Eve, perché stai sanguinando così tanto?» continuava a chiedere Lucas, sentendosi d’un tratto in colpa: che fosse per via delle coltellate che le aveva inferto prima? In effetti aveva sanguinato più del solito.
Eve tossiva e non rispondeva, limitandosi ad accasciarsi sul sedile. «Ora mi fermo», disse il pilota. «Questi sobbalzi non ti fanno bene.»
«Non... fermarti...» sussurrò la donna, sforzandosi. Una volta assicuratasi che Lucas andasse alla massima velocità, così da abbandonare la zona dell’invasione aliena, parlò con le ultime energie che le rimanevano. «Sono stata spietata, con te... perché dal DOA Race dipendeva tutto... per me. Il mio corpo appartiene alla Yutani, e per assicurarsi che dessi il massimo... l’hanno impostato perché collassasse se mi fossi allontanata... dal percorso della gara...»
«Cosa?» gridò Lucas. «Perché non me l’hai detto? Maledizione, forse ce la facciamo ancora. Dietro quelle colline c’è il traguardo, se mi sbrigo possiamo...»
«No», bisbigliò la donna. «Non servirebbe a niente, sono già compromessa... Servirebbe solo a farti uccidere.»
«Ma che bisogno c’era?» si lamentava Lucas. «È solo una fottuta gara!»
«E io... sono solo un fottuto corpo potenziato...» rispose Eve. «Per loro, trovare un’altra ragazza che si lasci trasformare in Lazarus è semplicissimo. Si richiede solo fedeltà totale... Ne trovano a frotte...»
Lucas stringeva il volante fino a sentirsi esplodere le mani. «Perché l’hai fatto?» chiese rabbioso. «Potevi... maledizione, sei un’abile pilota, potevi prendere la macchina e arrivare al traguardo.»
«Ma senza di te...» sussurrò Eve. «Purtroppo avevi ragione, non posso stare senza di te, senza il tuo odio nei miei confronti... senza la morte che mi davi... Piuttosto che vivere perdendoti... ho preferito...» Un violento colpo di tosse inondò il cruscotto di sangue. Il corpo di Eve stava cedendo, e Lucas cominciò a prendere a pugni il volante, urlando.
«Non... sprecare quella rabbia...» mormorò la donna. «E uccidimi... per l’ultima volta...»
Lucas non sentiva più le sue urla, non sentiva più il piede sull’acceleratore, non vedeva più la strada desertica e ignota che gli sfrecciava davanti. Sentiva solo la mano che afferrava il corpo esangue di Eve e se lo stringeva al petto. Sentiva solo il suo braccio che cingeva il collo della donna. Sentiva solo le sue labbra che le davano l’ultimo bacio. Sentiva solo che la stringeva con ogni briciola di forza. Sentiva solo la morte che le dava. Il gesto d’amore più grande...

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Il corpo di Eloise scomparve, come scomparvero in poco tempo i corpi degli xenomorfi che la trasportavano. Seguiti subito dopo dai corpi degli alieni che avevano inondato la sala. Quell’arma era potente, dannatamente potente, pensò Boyka.
L’astronave yautja aveva sfondato una parete dell’edificio, e a essa erano fuoriuscite decine di Predator armati di tutto punto che cominciarono a bonificare la zona. Man mano che i corpi degli xenomorfi andavano in fumo sotto i colpi delle armi yautja, venne alla luce il cadavere dell’avversario di Boyka: non ne rimaneva un gran che, ma bastava per indisporre i nuovi venuti.
Boyka rimase immobile sul ring mentre i Predator si avvicinarono e cominciarono a parlarsi l’un l’altro, indicando il loro campione a terra. Il lottatore era sicuro che mancava poco prima che mandassero in fumo anche lui, e forse dopo quello in cui aveva coinvolto Eloise se lo meritava anche. Dopo una vita passata a fare il re in una fogna, pestando chiunque gli si fosse messo davanti, aveva viaggiato per l’universo e vissuto più avventure di quante mai avesse potuto immaginare. Dalla vita aveva ottenuto molto più di quanto una nullità come lui potesse sperare.
Boyka era sereno, quando i due Predator alzarono i fucili verso di lui.
Un grido li fermò. I due Yautja si voltarono di scatto e attesero che le due figure che per ultime erano scese dalla nave si avvicinassero. Al che Boyka ne riconobbe almeno una.
«Dunja?» gridò. «Che cazzo ci fai lì?»
La donna indossava un’armatura Yautja e camminava impettita al fianco di un Predator molto vecchio, che evidentemente doveva essere il capo. «Scusa se ti ho un po’ trascurato, straniero», disse la donna, sorridendo, «ma ho avuto un po’ da fare. Ti va di aiutarmi nella mia nuova missione?»
Boyka era allibito. «Sai che mi stai facendo rimpiangere la tranquillità della mia vecchia prigione?»
Dunja rise. «Devo prenderlo come un sì?»
«E questa tua “missione”», disse Boyka in tono sarcastico, «in cosa consisterebbe?»
Dunja mostrò il grande fucile che imbracciava. «Dobbiamo aiutare i nostri amici Yautja a ripulire la Casata Yutani dagli insetti che la abitano. No, non intendo gli xenomorfi: intendo gli umani che l’hanno usurpata e che in questi anni l’hanno trasformata in una dittatura. Ti prometto che dopo ci ritiriamo in una casetta in campagna.»
Boyka storse la bocca in un sorriso. Per la prima volta nella sua vita era stanco. Ma per la prima volta era contento di non essere solo.

FINE


Alla prossima con le FONTI del racconto

 
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view post Posted on 19/6/2017, 15:53

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Bellissima , mi é piacita dall'inizio, sai mischiare bene molti concetti per essere una fan fiction.
 
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view post Posted on 19/6/2017, 15:58

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Ti ringrazio ;)
 
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view post Posted on 21/6/2017, 17:28

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ALIENS versus BOYKA 3: Dead Or Alive



FONTI



Questa fan fiction è una storia originale che utilizza però personaggi e situazioni pre-esistenti, estratti da varie fonti: ecco la specifica del materiale a cui ho attinto per la stesura di Aliens vs Boyka 3: Dead Or Alive.

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La saga di Fast and Furious e Transporter hanno un debito di riconoscenza verso un film storico: Il contrabbandiere (Thunder Road, 1958) di Arthur Ripley, concepito e interpretato da un mito come Robert Mitchum.
La famigerata contea di Harlan, nel Kentucky, è nota per il suo whisky di contrabbando, come ben sanno gli spettatori della fortunata serie televisiva Justified (2010). Il film di Ripley mostra come le famiglie che gestivano le distillerie clandestine avevano studiato un modo per portare l’alcol illegale ai locali cittadini: fenomenali piloti lo trasportavano in scompartimenti segreti delle loro auto, attraversando le pericolose strade sterrate di boschi inseguiti da auto della polizia. Il migliore di questi piloti è un veterano di guerra che non ha trovato altro posto nella società se non quello di sfidare la morte ogni notte, stando attento che nessuno dei suoi cari si azzardi ad intraprendere la sua stessa professione: Lucas (Robert Mitchum). Chissà se il nostrano Lucio Fulci aveva in mente questo personaggio quando ha intitolato il suo film Luca il contrabbandiere (1980).

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Visto che l’alcol illegale non mi sembrava adatto per l’universo narrativo di Aliens, ho preferito far trasportare benzina al mio Lucas, il cui nome peraltro è un omaggio anche al cognome del protagonista di Death Race 2 (2010) e Death Race: Inferno (2013), Carl “Luke” Lucas, interpretato da Luke Gross. Insomma, Luca, Lucas, Luke, Lucio... come potevo non sfruttare questa congiunzione astrale di nomi?

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lazarus1a

Forever, detta Eve – Il 26 giugno 2013 la Image Comics presenta una nuova eroina a fumetti del grande sceneggiatore Greg Rucka, che mentre scrive roba discutibile per la DC si tiene il meglio per le altre case. La testata si chiama “Lazarus” e inizia con una protagonista che alla prima pagina viene crivellata di corpi. Rimasta a terra in un lago di sangue... si rialza e fa fuori i suoi assassini...
In un futuro post-apocalittico l’America è governata da due famiglie, i Morray e i Carlyle, ed entrambe hanno un Lazarus: visto che Greg Rucka non si è messo a spiegare nei dettagli cosa sia, perché dovrei farlo io? Il Lazarus protagonista della testata è una donna potenziata di nome Eve, contrazione di Forever: è invincibile e guida l’esercito della sua Casata, ma è anche figlia del patrono dei Carlyle: questo crea non pochi problemi con i fratelli “normali”.
Della splendida saga di Lazarus – in minima parte arrivata anche in Italia per Panini Comics (come ci racconta il blog La Bara Volante) – ho già parlato a lungo nel mio blog “Fumetti Etruschi”, analizzando le prime quattro stagioni: qui mi preme far notare che due Casate mi è sembrata la stessa divisione dell’universo narrativo di Aliens, con i Weyland e gli Yutani.

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La perversione di Eve per cui la morte le provochi piacere è una mia idea: non so se la Image Comics avrebbe accettato un’idea simile da Rucka!

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«Guardami... e pensa a come ammazzeresti quegli stupidi insetti umani.» – La prima volta che ho incontrato l’idea di un combattimento “immaginato” è stato con Hero (Ying xiong, 2002) di Zhang Yimou, e l’ho subito amata. Nel geniale wuxiapian il ribelle Sky (Donnie Yen) viene avvicinato dal cacciatore di taglie senza nome (Jet Li) e i due si limitano a chiudere gli occhi: il combattimento che segue è tutto immaginato.

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L’idea era stupenda e l’esecuzione dei due mostri sacri asiatici talmente perfetta che mi è rimasta nel cuore, apprezzando al sua versione giapponese l’anno successivo, in Zatôchi (id., 2003) di Takeshi Kitano. Qui lo scontro finale fra il “massaggiatore cieco” (Kitano) ed Hattori (Tadanobu Asano) viene preceduto da alcune “prove”: i due fenomenali spadaccini immaginano alcune tecniche per capire se potrebbero funzionare, ipotizzando la reazione dell’altro.

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Ford Mustang – L’auto protagonista della saga filmica di Death Race, dal 2008 al 2013.
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Yautja – Quando nel 1994 la romanziera S.D. Perry, figlia del celebre Steve, si ritrovò a dover trasformare in romanzo il celebre fumetto Aliens vs Predator (Dark Horse Comics 1990), si rese conto che sarebbe stato molto difficile descrivere i Predator. Gli xenomorfi poteva chiamarli bugs o vari altri sinonimi animaleschi, ma i Predator? Il semplice sinonimo hunters non bastava, così decise di pensare in grande: si inventò di sana pianta un’intera cultura e una intera lingua. Con il (noioso) romanzo Aliens vs Predator: Prey nacque dunque il termine Yautja come nome proprio della razza dei Predator.

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A parte qualche fan sfegatato, nessuno ha mai utilizzato questo nome negli anni successivi: viene tuttora ignorato dalla Fox per i film e dalla Dark Horse per i fumetti, rimanendo puro e semplice fun stuff, roba da fan. Poi nei primi anni del Duemila è arrivata Wikipedia che cita il termine e d’un tratto tutti pensano che Yautja sia il nome “ufficiale” dei Predator, quando è usato solo ed esclusivamente per un paio di libri della Perry. (Nel 2016 l’ha ripreso Tim Lebbon per la sua orripilante trilogia “Rage War”: è un’opera nata morta quindi merita solo indifferenza.)
Avendolo ignorato per circa 25 anni, il nome Yautja non mi ha mai conquistato ma è innegabile che scrivere un racconto con dei Predator rende indispensabile un qualche sinonimo per loro, a meno di non usare nomi propri singoli: così mi sono ritrovato a farne largo uso.

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Lingua Yautja – I Predator si sono sempre espressi a gesti, al massimo hanno comunicato con gli umani ripetendo storpiandole alcune frasi di questi ultimi. Poi, come dicevo, la Perry si è inventata di sana pianta la loro lingua e da quel 1994 i Predator hanno cominciato a parlare fra di loro.

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I film ignorano la loro lingua mentre la Dark Horse ne ha fatto un accenno all’inizio della saga Aliens vs Predator: Fire and Stone (2014). Visto che ho immaginato i Predator come alleati della Casata Yutani, cioè di umani, mi è piaciuto dare per scontato che le due razze si siano anche parlate, studiando le rispettive lingue.

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Jingtì Lóng – Il nome della compagnia cinese è preso dal racconto Deep Black di Jonathan Maberry, raccolto nella splendida antologia Aliens: Bug Hunt da lui stesso curata nel 2017. Mi è piaciuta l’idea di una contaminazione cinese – il popolo protagonista del mondo del Duemila – nell’universo alieno, quindi ho voluto omaggiarla.

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Karambit – Fenomenale piccolo coltello tipico del sud-est asiatico, presente in celebri pellicole indonesiane marziali arrivate in tempi recenti anche in Occidente. L’idea di una piccola umana che affronti un enorme Predator e lo vinca recidendo i tendini proviene ovviamente dal piccolo Tony Jaa che affronta il gigante Nathan Jones nel film The Protector. La legge del muay thai (Tom yum goong, 2005).

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«Per un nemico grande non serve un coltello grande... ma un grande coltello!» – Parafrasi di un celebre spot televisivo anni Ottanta del “Pennello Cinghiale”, cult per un’intera generazione.
 
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Guardian
view post Posted on 21/6/2017, 17:48




Ottime ispirazioni :)

O.T. Un buon prodotto Lazarus...se non sbaglio stavano lavorando ad una serie
 
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view post Posted on 21/6/2017, 18:05

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Dici televisiva? Spero di no: le attricette rachitiche americane sono quanto di più lontano esista da Eve!

Intanto non ho il coraggio di leggere la quinta stagione a fumetti perché andando avanti il prodotto ha perso l'incisività e la stupenda bellezza della prima serie...
 
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Guardian
view post Posted on 21/6/2017, 18:16




Si televisiva...purtroppo è la moda del momento.
Io devo recuperare l'edizione italiana (se non sbaglio 2 cartonati), ho solo i primi 10 numeri in lingua originale.
Ottimo scenario, ottima protagonista, intrighi diplomatici e una buona dose di azione.
L'image si è sempre dimostrata di tenere testa alle 2 superpotenze del fumetto americano, anche se secondo me, per profondità e innovazione delle argomentazioni, è anche superiore
 
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34 replies since 31/3/2017, 04:14   449 views
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