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Servizio sul film ALIEN 3 di Roberto Taddeucci, Alien al cubo

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view post Posted on 17/6/2007, 14:25
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Principe dell'alveare

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Fonte articolo: www.fantascienza.com/magazine/servizi/cinema/
autore: Roberto Taddeucci

Col successo riscosso da Aliens — Scontro finale si apri immediatamente il processo per trovare il copione adatto per continuare la vicenda. La 20th Century Fox commissionò tutta una serie di trattamenti e 10 diversi scrittori si misero al lavoro sul progetto, tra questi David Twohy (Pitch black), William Gibson (Neuromante), John Fasano (Guerra eterna per la TV), Eric Red (The Hitch-hicker). Solo questo costò alla produzione oltre 10 milioni di dollari.

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Un problema connesso ai costi riguardava anche la trama proposta: una delle versioni proponeva una lotta senza quartiere nella quale erano coinvolte una ventina di regine ma per realizzare il tutto ci sarebbero voluti circa 200 milioni di dollari, troppo. Un secondo problema consisteva nel riportare sul set Sigourney Weaver, che nel frattempo dal secondo film aveva ricevuto altre due candidature al Premio Oscar, una per la commedia Una donna in carriera e l'altra per il drammatico Gorilla nella nebbia. L'attrice era ormai un nome di punta a Hollywood e a questo punto poteva pretendere di avere un certo controllo creativo sui film cui decideva di partecipare. I vari negoziati portarono alla fine a riconoscerle il ruolo di co-produttore.

Alla fine, seppur distorto, venne sviluppato quello inizialmente pensato dallo sceneggiatore e regista neozelandese Vincent Ward, già autore nel 1988 di un interessante film su un viaggio nel tempo intitolato Navigator — un'odissea nel tempo. Ward era anche in prima fila come possibile regista ma venne poi scartato forse a causa dell'approccio sofisticato nient'affatto commerciale al soggetto.

Una prima stesura della sceneggiatura da filmare fu pronta nel marzo del 1990 e si svolgeva in un lugubre monastero completamente costruito in legno nel quale vivono dei monaci contrari allo sviluppo tecnologico e dunque ad ogni macchinario alimentato a elettricità. Niente luce artificiale, premessa in linea con lo scopo di recuperare gli elementi gotico-paurosi che avevano contribuito al successo del primo film.

La produzione di Alien3 era previsto che iniziasse nell'ottobre di quell'anno ancora una volta in Inghilterra, nei Pinewood Studios con un budget a disposizione di circa 50 milioni di dollari.

Come regista alla fine la scelta cadde su David Fincher, che non aveva precedenti esperienze nella realizzazione di film ma certamente aveva una solida carriera alle spalle come regista di video musicali per molti artisti, tra cui Madonna, Paula Abdul e Aerosmith.

La lavorazione del film si rivelò tormentata e complessa sin da subito, perché nessuno pareva pienamente soddisfatto del copione finale. La macchina produttiva fu messa in pausa e maestranze pagate giornalmente aspettando le modifiche che venivano apportate alla sceneggiatura dai co-produttori Walter Hill e David Giler, che firmano ufficialmente quella definitiva co-accreditati insieme a Larry Ferguson (Caccia a Ottobre Rosso).

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Dopo la versione guerriera proposta da James Cameron nel secondo film i produttori decisero che si poteva forse tornare anche a scoprire gli aspetti più vulnerabili di Ripley, un'eroina che era forse diventata un po' troppo rambesca: in quella direzione il personaggio non offriva nessuna possibilità di sviluppo.

Concorda Sigourney Weaver: "Una delle cose più difficoltose nello scrivere di un personaggio come Ripley è che uno dei primi istinti è di ritrarla come una sorta di tosta e dura istruttrice di palestra, che strilla ordini e invita a darci dentro. Credo che in realtà lei sia molto più complessa di così." Con i rimaneggiamenti apportati la nuova versione del copione spostava l'azione da un monastero ad una colonia-prigione, piena di assassini e violentatori.

Nel cast figurava un manipolo di bravi e attori come Charles Dance, Pete Postlethwaite e Charles S. Dutton mentre i personaggi di Newt e Hicks (che pure sopravvivevano agli eventi di Aliens) furono fatti morire nell'impatto col suolo. Non nasconde il proprio rammarico l'attore Michael Biehn: "Fu una grande delusione, ci rimasi davvero male. Non ho mai capito perché abbiano sentito il bisogno di far fuori il mio personaggio, Hicks." Tornava invece per la seconda volta nella serie Lance Henriksen, nel ruolo di Bishop II.

Sigourney Weaver invece ritenne questa decisione molto coraggiosa da parte di Fincher, l'eliminare tutte le persone a cui Ellen era attaccata la metteva in una condizione di poter in un certo senso ripartire ad esplorare il personaggio da zero. E a zero furono anche tagliati i capelli dell'attrice, un look che si contrapponeva in modo netto e deciso all'immagine dell'eroina femminile anche sexy che i precedenti due film avevano costruito. Per quanto riguardava l'aspetto commerciale David Giler stesso dice che la presenza della Weaver era da sola più che sufficiente a dare la continuità necessaria alla serie.



Il set già in costruzione del monastero fu non senza qualche difficoltà trasformato nella super prigione in cui si svolgeva la terza delle (dis)avventure aliene di Ellen Ripley.

Lo stile visivo apportato dal giovane e talentuoso nuovo regista coniugava l'estetica supercurata della videomusica con l'eleganza formale del primo film.

E come nel capostipite c'è un solo Alien che si aggira tra gli umani.

H.R. Giger, disegnatore dell'alien originale fu richiamato in servizio dalla produzione ma lavorò al film solo per circa un mese ed i suoi disegni per la nuova creatura alla fine non furono utilizzati. L'alieno ha un nuovo aspetto perché stavolta si sviluppa dentro un animale.

La Amalgamated Dynamics fu la compagnia incaricata di curare la realizzazione pratica degli effetti della creatura. I leader della compagnia erano Alec Gillis e Tom Woodruff Jr, ex dipendenti dello studio di Stan Winston che aveva realizzato quelli del secondo film. Stabilito che la creatura doveva adesso correre più veloce perché poteva anche muoversi su quattro zampe rimaneva il problema di come realizzarla in pratica. All'inizio si provò ad usare anche dei cani a cui veniva applicata una sorta di casco che riproduceva il cranio oblungo dell'alieno, ma alla fine si optò per un pupazzo mosso fuori campo da marionettisti.

Per i primi piani lo stesso Woodruff si infilò una tuta di gomma che riproduceva le fattezze aliene e girò le sequenze degli attacchi diretti contro gli umani, quelle nelle quali poteva ergersi anche sulle due gambe posteriori. La lunga coda era animata da tecnici posti fuori campo. Tra gli artisti del trucco coinvolti nel progetto figura anche quel Gino Acevedo da noi intervistato su Delos 87 per il lavoro da lui svolto nella realizzazione della saga fantasy de Il Signore degli Anelli

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Per i campi lunghi nei quali era richiesta totalità e velocità di movimento si ricorse (per la prima volta nel ciclo) alle CGI, Computer Generated Imagery. Le sequenze ambientate nello spazio e quelle realizzate le immagini generate al computer furono realizzate sotto la supervisione di uno dei più eccellenti realizzatori di effetti visivi allora operate a Hollywood, quel Richard Edlund che già aveva sbalordito per il livello qualitativo degli effetti da lui creati in film come I predatori dell'arca perduta, Poltergeist — Demoniache presenze e 2010 — l'anno del contatto.

Il suo apporto tecnico ad Alien3 rimane comunque non certo l'apice del suo lavoro nel campo degli effetti ottici speciali e anche per quanto riguarda l'animazione del pupazzo ripreso di fronte allo schermo blu e poi inserito nella scena non si può certo dire che il terzo sia il film di Alien con i migliori effetti speciali.



Così come avveniva nel primo film l'alieno si nasconde film agli umani e si manifesta con attacchi improvvisi e letali. La donna però viene risparmiata, anche dopo un drammatico faccia a faccia ravvicinato e si scoprirà in seguito il motivo.

Nella prigione in cui si svolge l'azione non sono ammesse per ovvie ragioni armi di nessun tipo, il che costituisce non certo un vantaggio per difendersi dalla creatura extraterrestre. Gli uomini cercano di liberarsene tentando di attirarla in un vicolo cieco per poi ucciderla con una gettata di metallo fuso.

Fincher ricorre efficacemente ad un abbondante uso della steady cam con obiettivo grandangolare per le sequenze nelle quali l'alieno rincorre per i cunicoli le persone che fanno da esca. Dopo che il piano finalmente ha successo c'è però un'amara sorpresa: dentro Ripley si sta sviluppando e cresce una nuova Regina. Il peggiore nemico della sua vita l'ha adesso raggiunta e si sta sviluppando dentro di lei. Bishop II si offre di aiutarla ad estrarre l'organismo ma la donna, giustamente, non si fida e vuole garanzie che sarà veramente la fine per l'intruso che la ha reso la vita un lungo, spaventoso incubo. Decide quindi di gettarsi lei stessa nella fornace portando con se alla morte l'alieno sopravvissuto.

"Per qualche motivo pensavo che era un buon modo per concludere la storia" ricorda Weaver, "e una gran scena di morte." (Il piccolo alieno che le esce dal ventre fu comunque imposto dalla produzione e non rientrava nei piani di Fincher).

Chiaramente alla Fox non volevano che il pubblico sapesse in anticipo quello che succedeva alla fine del film, il che provocò qualche grattacapo all'ufficio promozione della casa cinematografica. Furono preparati dei trailer che davano un'idea errata del film reale, facendo quasi pensare la serie sarebbe continuata all'insegna dell'azione più sfrenata. Ma non era così. Il tono cupo, disperato e nichilista del film non piacque al pubblico americano, che si aspettava un'altro giro sull'ottovolante d'azione guerresca tracciato da Cameron nel secondo film.



Per gli appassionati della serie comunque era la possibilità di incontrare ancora una volta la coraggiosa guerriera-per-forza perseguitata in giro per l'universo dalla letale razza aliena che semina i propri discendenti all'interno di esseri viventi. Innovativo cambiamento di ambientazione: un piccolo pianeta prigione che è ancora si un luogo circoscritto, dunque più pericoloso, ma oltretutto abitato esclusivamente da delinquenti maschi e dove, evidentemente, non è facile essere l'unica donna dei paraggi. Nella colonia si è sviluppata una sorta di "religione" (elemento chiaramente conservato dal trattamento pensato da Ward) che impone la castità. L'arrivo di Ripley crea tensioni e conflitti, è un elemento pericoloso di disturbo e paradossalmente è lei che viene considerata inizialmente come una nemica da cui guardarsi e non l'essere di cui lei sostiene la mortale presenza.

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Questo scuro e apocalittico terzo film della serie offre una chiave di lettura nuova rispetto ai precedenti, lo si può infatti considerare come una metafora dell'emergenza AIDS, che proprio a cavallo tra gli anni '80 e gli anni '90 conosceva i suoi più isterici momenti di paura di massa.

Il terreno è delicato ma sostanzialmente una lettura in questo senso è sostenuta dal fatto che quasi tutti i dialoghi offrono una doppia chiave. Visto che il virus HIV si può anche trasmettere per via sessuale l'arrivo della donna su Fiorina 161 è elemento di tentazione per i prigionieri. Lei è anche la portatrice del "mostro" che si scopre poi essere dentro di lei (sieropositività) e che costituisce un pericolo per tutti gli altri abitanti del posto. Richiami e paralleli con l'epidemia dell'AIDS sono peraltro presenti anche nell'altro film scritto, e anche diretto, da Vincent Ward e a cui già abbiamo accennato, Navigator — un'odissea nel tempo.

Dal canto suo Fincher fu criticato all'epoca per aver fatto sostanzialmente ciò per cui fu acclamato nei suoi film successivi, a partire da Se7en, ovvero una pellicola angosciante e pessimista molto poco in linea coi dettami azione, colpi di scena, pop corn-gelati e lieto fine gradita ai produttori-banchieri di Hollywood. Tuttavia, seppur con tutte le ben note ingerenze e modifiche da parte della produzione, Alien3 rinnova sostanzialmente la saga iniziata nel '79, proponendo un approccio terzo rispetto a quello tensione/atmosfera di Scott e a quello tutt'azione/psicologia-zero di Cameron. In questo caso il cambio di registro è drastico, si tirano in ballo (magari in senso lato) molte cose e pur mantenendo l'impianto base di lotta al mostro si da al mostro stesso un volto e un significato nuovo, attingendo ad una sceneggiatura non priva di raffinatezze di concetto magari non del tutto digeribili dal grande pubblico.

Peccato che Fincher a quel tempo non avesse ancora la status che gli avrebbe consentito di fare il "suo" film senza vederselo pesantemente rimaneggiare dai produttori, cosa avvenuta sia prima delle riprese con le innumerevoli riscritture della sceneggiatura, che dopo le riprese dal momento che durante la fase di montaggio sorsero contrasti tali che Fincher decise di andarsene. Se avesse avuto pieno controllo su quello che avrebbe dovuto essere il risultato finale è facile prevedere che il risultato sarebbe stato più maturo e coeso, mentre così è un po' un ibrido incompiuto tra diverse visioni e non ha la compattezza stilistica che avevano i precedenti due capitoli.

Ma la sua forza sta nell'aver innovato ancora una volta la serie, senza ripetere stancamente quanto fatto nei film precedenti e stavolta quel che abbiamo è un film cupo, triste, angosciante, senza speranza e dal significato gelido come il mondo nel quale è ambientato.



Alien3 arrivò nei cinema statunitensi il 22 maggio 1992 e andò benissimo il primo week end (23 milioni di dollari) ma crollò al box office per il passaparola deluso del pubblico. Alla fine gli incassi americani si fermarono 55 milioni e mezzo di dollari. Considerando i circa 50 milioni che erano stati spesi per produrlo non era molto anche se chiaramente visti gli incassi nel mondo intero tutto sommato il film ha fatto comunque guadagnare un sacco di soldi ai produttori. In Europa in particolare, ma anche in Giappone, l'accoglienza di un pubblico forse un tantino più sofisticato di quello medio americano, fece raccogliere alla pellicola consensi certamente maggiori di quelli che aveva ricevuto in patria. In Sud Corea stabilì in nuovo record in fatto di biglietti venduti in un solo giorno.

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"Alla fine" dice il produttore David Giler "andò bene quanto gli altri, ma gli incassi furono distribuiti in maniera diversa". L'estrema sofisticatezza visiva del film per alcuni critici fu anche il suo maggiore difetto e venne rimproverato al regista di non aver abbastanza trascinato il pubblico nel vortice della narrazione.

Una critica particolarmente feroce parafrasando la frase di lancio del primo film titolava: nello spazio nessuno può sentirti russare. Gli effetti visivi del film gli fecero ottenere la sua unica candidatura al Premio Oscar, la nomination riguardava tutta la squadra responsabile degli effetti: Richard Edlund, Alec Gillis, Tom Woodruff Jr. e George Gibbs. Tutto sommato dunque il film fu una delusione inizialmente ma col tempo si dimostrò comunque un successo, tant'è che alla 20th Century Fox già si pensava a come continuare la vicenda.



Nel considerare l'aspetto economico che indubbiamente spinge al continuo espandersi della saga (per arrivare all'imminente cross over Alien contro Predator) non bisogna sottovalutare gli introiti che vanno alla produzione dal mercato home video. In particolare l'avvento del DVD ha offerto si alla Fox la possibilità di sfruttare ulteriormente il franchise rieditando, opportunamente rimasterizzata, la serie. Per gli appassionati la possibilità di aver accesso a materiale in precedenza mai visto al cinema. Verso la fine del 2003 su questo supporto è stato ad esempio possibile vedere una Edizione Speciale di Alien3 che recuperava tutto il recuperabile del materiale che era finito sul pavimento della sala di montaggio in occasione dell'uscita originale. Fincher stesso era stato contattato e gli era stato chiesto se voleva occuparsi del lavoro, poteva essere per lui l'occasione di fare quello che Robert Wise aveva fatto per il Director's Cut del suo Star Trek — The motion picture. Tuttavia Fincher non ha accettato, non è ben chiaro se per motivi di tempo oppure se perché i contrasti durante la realizzazione furono tali e tanti da non essere stati ancora del tutto digeriti.

Comunque sia è stata approntata una versione che è circa mezz'ora più lunga di quella del 1992. Per assemblarla sono stati usati il copione originale annotato utilizzato durante le riprese, la copia lavoro esistente, gli appunti del regista e del montatore (Terry Rawlings, Blade runner). Sono state anche rifinite con le moderne tecniche di animazione computerizzata le sequenze che erano state girate ma mai completate e per le quali gli effetti visivi, quando c'erano, erano semplicemente quelli preliminari e non definitivi. Il risultato è certamente intrigante e offre la possibilità di capire che c'erano le potenzialità di fare un film all'altezza dei precedenti se solo a Fincher fosse stato concesso di poter gestire personalmente quella che poi in definitiva era la sua visione di Alien.

Rimane comunque il dubbio che anche in questa versione il film avrebbe comunque deluso tutti coloro che si aspettavano di più della stessa zuppa già servita in precedenza, una mentalità perversa che pigramente non fa altro che premiare quei produttori cinematografici che fatto un film di successo continuano a farne dei seguiti senza troppo sforzo, semplicemente riproponendo con minime modifiche quanto già fatto. Da questo punto di vista la saga di Alien svetta per unicità e originalità sopra ogni altra serie cinematografica. Quattro grandi registi che offrono, ognuno secondo il proprio approccio e stile, una loro versione dell'eterna sfida tra l'uomo e le mostruosità dell'universo, anche quelle interiori.

A Hollywood dovrebbero capire che sarebbe meglio farli lavorare dando loro il massimo supporto e collaborazione, non ostacolarli e piegarli ai voleri di quello che si suppone voglia il mercato. Ma questo forse è già di per se un film di fantascienza.


Roberto Taddeucci

Edited by Alien Queen - 26/8/2012, 16:40
 
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