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Ed eccomi a parlarvi della mia band preferita. Sono un'amante della musica, tutta la musica, e posso dire con orgoglio di averne ascoltata pedissequamente e appassionatamente davvero tanta, con un po' di stizza di non averne ascoltata nemmeno lontanamente a sufficienza. Con i Doors e con il loro mito ho un rapporto molto particolare, senza dubbio il più appassionato che io abbia mai avuto con la musica e la testualità di chicchessìa. La loro fama davvero notevole (80 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, più all'incirca un milione in più ogni anno) ne oscura atrocemente il talento e l'unicità. E tende ad appiattirli banalmente all'interno dei "grandi del rock", senza la minima considerazione per il loro trascendere, inesorabilmente, qualsiasi etichetta, e ci hanno provato in molti. Certamente è difficile giudicare con razionalità la mostruosa spinta innovativa di Hendrix, il camaleontismo ermetico di un David Bowie, la sfrenata passione di una voce come Janis Joplin, ma alla fin fine a mio parere sono solo tre i veri "inclassificabili": Bob Dylan, i Beatles, e i Doors. Dylan perché si rifiuta di affezionarsi ad alcunché, sembra la perfetta incarnazione dell'osservazione di Oscar Wllde secondo cui "non c'è crimine più grave della coerenza", mantenendosi senza vuoti moralismi, con geniale antipatia e con sottile sagacia sempre una decina di passi avanti al suo pubblico, senza però tentare mai di accontentarlo, casomai di adattarselo con maestrìa. I Beatles perchè hanno un'influenza eccessiva per sapere quanto ne siano stati artefici, quanto del loro genio sia stato compreso persino da loro, quanta consapevolezza vi fosse dietro alle allucinazioni. E i Doors perché sono realmente unici musicalmente, sul versante dei testi e su quello degli intenti.
Intenti non semplici: fondere in un unico ibrido rock, blues maledetto, jazz, pop ed echi lontani di musica classica, far sì che un tale corpus di generi non fosse mai pretenzioso ma sempre abbagliante, fondere questo ibrido con la poesia e a sua volta il risultato con un'estetica aggiornata e al contempo immortale ed una teatralità di stampo Brechtiano. Il tutto sotto la spinta distruttiva e creativa del leader Jim Morrison, il dionisiaco che non si è mai piegato al tentativo di apollineizzazione che i musicisti dovevano per forza di cose operare per far si che la band non cadesse a pezzi, ma che è riuscito a farne un' ulteriore punto di forza. E la band in pezzi non c'è mai caduta, sebbene sia durata solo cinque anni.
La musica
Per quanto concerne il lato musicale e teatrale, possiamo già da subito notare l'assoluta bizzarria degli elementi. La band era composta da: - Robbie Krieger, chitarrista esile e pragmatico con un talento inusuale per la creazione di atmosfere e un malcelato disprezzo per la spigolosità del rock n'roll classico, ottimo compositore e influenzato timbricamente dalle ritmiche Latine come il flamenco e da quelle hawaiiane. -Ray Manzarek, tastierista di formazione classica appassionato di blues, il cui organo è forse l'elemento caratterizzante del sound del gruppo, in grado di dare teatralità quanto le scomposte e geniali performance di Morrison, e di colorare di originalità le melodie. Manzarek aveva un'altra rarissima peculiarità, sostituiva il bassista di cui la band era da sempre sprovvista, componendo ed eseguendo semplici ed efficaci linee di basso con la mano sinistra sul suo fender piano bass. -John Densmore era un altro elemento anomalo, batterista di chiara formazione jazz, e in virtù di questo adattabile e fantasioso oltre che tecnicamente valente, unico batterista della storia del rock i cui virtuosismi fossero completamente al servizio dei testi e del loro personale incedere, piuttosto che dell'andamento musicale generale.
Si aggiunga a questo Morrison, che a fronte di un (completo!) analfabetismo musicale aveva dalla sua abilità interpretative e drammatiche che inutilmente si cercherebbero in qualunque cantante "pop" (termine orribile e fuorviante in riferimento a questo essere così bizzarro), oltrechè un carisma assoluto e trascinante, un gusto per la trasgressione che è l'unica cosa che lo può accomunare ai suoi colleghi (anche se nel suo caso c'era una ragione ben precisa e studiata per vivere follemente) e quell'aspetto fisico da vero Adone dell'acid rock che gli guadagnava istantaneamente il favore del pubblico femminile. E come cantante? Anche qui niente tecnica, tutto al servizio del teatro e della recitazione: una voce bassa e suadente come quella di Sinatra e duttile e luciferina come quella di Presley, ma con un timbro corrosivo capace di latrati acuti e lancinanti.
Principalmente questi sono gli elementi del successo dei Doors, eppure sono un millesimo del loro vero valore. Per queste caratteristiche Morrison è stato innalzato a livello di icona generazionale, di idolo delle folle, di personaggio delle magliette e di rimessa di aforismi da diario. Destino davvero orribile per un personaggio della sua levatura. Krieger ad esempio, senza avere un briciolo dell'ispirazione del frontman, fu capace di scrivere "in Morrisoniano", facendo un uso furbesco degli stilemi mitici del vivere del Re Lucertola. Ecco come sono nate Light My Fire, Love Me Two Times, Love Her Madly. Brani piacevoli ma alla fin fine solo brani rock n' roll, solo imitativi di ciò che Morrison poteva davvero sprigionare. Per la precisione in Light My fire un solo verso è stato scritto da Morrison, e un amore così carnale che diveniva una pira funeraria non piacque ne' all'autore ne' al produttore, pur tuttavia fu accettato.
La Poesia
I testi dei Doors sono frutto di un continuo esperimento letterario operato da quello che, imprigionato nei panni in pelle nera di un rocker maledetto, avrebbe anelato a vedere riconosciuto il proprio talento poetico ("è bellissimo...è la prima volta che non mi hanno fottuto" pare che abbia detto in lacrime di fronte alla copertina del primo libro di suoi componimenti che vide pubblicato). Influenze musicali e testuali della media dei cantanti dell'epoca: Dylan, Elvis, Stones, Beatles ecc. Influenze testuali (e perché no, anche musicali) di Morrison: Poe, Rimbaud e i Maledetti, Nietzsche, Baudelaire, la tragedia greca e l'epica Omerica, il carisma assoluto di miti come Alessandro Magno, il cinema francese e italiano, i riti sciamanici, la poetica degli indiani d'america, del deserto e dell'acido e chissà quanti altri... Ascoltate in particolare i primi due folgoranti album, "The Doors" e "Strange Days", e scoprirete non solo un poeta, ma forse il poeta del '900 che ha scritto meglio dell'alienazione e dell'ossessione, dell'istintualità e della solitudine, proprio perchè imprigionato nel limbo di successo di una rockstar. Ma il Morrison che vedete ghignare sui diari e le magliette delle ragazzine altro non è che il carcere odiato e amato da un Morrison egocentrico ma terribilmente sincero, e quindi impossibilitato a sopportare quell'immagine di sé. E così nei testi della band, come anche nelle poesie scritte che nei suoi 27 anni di vita James Douglas Morrison ha prodotto, troverete una galleria di personaggi grotteschi, donne orribili dai volti distorti, tragedie nelle tragedie nelle tragedie. Ma anche (e quanta gente sembra volerlo disperatamente ignorare!) miraggi di momentanea e fulgida speranza, descrizioni ispirate (penso a pezzi recitati come "Horse Latitudes", "Latitudini Equestri", descrizione raggelata e rabbiosa di un quadro in cui durante una tempesta i marinai di un galeone spagnolo gettavano in mare i cavalli per ridurre il peso) e travolgente, pungente ironia. Negli ultimi tempi il leader dei Doors sembrava sempre più interessato alla lettura e alla scrittura, sempre meno alla musica della sua band: continuava ad essere provocatorio, processò letteralmente in diretta i poliziotti saliti sul palco ad arrestarlo, ma divenne (se possibile) ancor più lunatico, e cambiò radicalmente aspetto fisico, sostituendo lentamente i lineamenti angelici in una maschera barbuta, il bell'Adone si trasfigurava dolorosamente nel saggio e solenne Zeus.
Sempre più disperato, sempre più incompreso, sempre più geniale e più mitizzato per lati di se' che quasi odiava, Morrison forse è diventato instabile come Van Gogh, forse si è negato come Rimbaud (che smise volontariamente di scrivere a vent'anni appena), forse ha perso il senno come Nietzsche per aver troppo pensato e scritto. Il 3 luglio 1971, appena ventisettenne, Morrison fu trovato morto nella stanza che occupava a Parigi. E tanti, al giorno d'oggi come allora, lo trattano con superficiale sufficienza ("non montarti troppo la testa, Morrison, è solo rock n' roll, e tu sei solo un'altro cantante rock") Ma provate ad ascoltare qualche canzone: la funerea e romantica The Crystal Ship, il corrosivo ed estremo dramma edipico di The End, il delirio musicale di "When the music's over", il Kubrickiano sangue per le strade di "Peace Frog" e diverse altre decine di perle.
Quanti possono dirsi star maledette e poeti maledetti, cibo per le masse e filosofi dal genio indiscutibile al contempo?
Quanti gruppi rock possono dire di aver unito lo spettacolo all'antica concezione cerimoniale dell'esibizione? Quanti di aver colpito direttamente la Mente Universale?
Edited by Byrne - 10/1/2013, 14:15
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