BiografiaMolti critici, oggi, lo riconoscono come massimo esponente del weird tale, genere rappresentato da scrittori quali William Hope Hodgson, Arthur Machen o Algernoon Blackwood e caratterizzato da un originale miscuglio di horror, fantasy e science fiction. Passaggio obbligato dalla ghost story edoardiana alla moderna fantascienza, il weird tale è caratterizzato da un graduale spostamento dell'orrore dalla dimensione ultraterrena a quella terrena. In Lovecraft il "mostro" non è una forma aleggiante che ci osserva dalla porta tra due dimensioni, è un abominio grottesco ed informe ma reale, vive nella città abissale di basalto di R'lyeh ed attende di risorgere un giorno per calpestare il genere umano oppure dorme sotto i ghiacci del Polo inesplorato. Ed il suo potere non è la sottile persuasione psicologica dello spettro, ma una brutale ed inarrestabile potenza fisica che non fa leva sulle debolezze della nostra coscienza ma sulla nostra mortalità e sulla pochezza delle nostre forze; reale, anche se indescrivibile, è
L'orrore di Dunwich come reali e terribili sono gli esseri venuti dallo spazio di
Colui che sussurrava nelle tenebre. Abominevoli ed incomprensibili, ma sempre fisicamente tangibili, sono le divinità di cui brulica il pantheon Lovecraftiano, da Dagon, il dio-pesce, a Chtulhu, da Nyarlathotep a Yog-Sothoth il dio cieco e demente che biascica oscenità al centro del cosmo. Reale, al di là dei nomi fittizi di una pseudogeografia inventata, è il New England rurale ed inquietante di Arkham, del fiume Miskatonic e della misteriosa Innmouth, città degli ibridi uomini-pesce. Ironico è che egli fosse fondamentalmente un razionalista, che non credeva al sovrannaturale, nemmeno nella religione, e sia diventato uno dei più grandi scrittori di questo genere mai vissuti, tanto che c0è chi ha fatto del suo pantheon un vero e proprio culto.
Ma, forse, più delle creature orripilanti che ci propone, inquieta, in Lovecraft, il corpus teoretico che tutte le riunisce in una vera e propria cosmogonia del terrore siderale che ci circonda e di cui, a tratti, ci è dato di scorgere qualche frammento, soltanto, per poi immaginare, terrorizzati, il resto. L'opera di Lovecraft rappresenta un tassello fondamentale nell'evoluzione della storia del terrore.
Howard Phillips Lovecraft nacque il venti Agosto 1890, alle nove del mattino, al numero 454 (all'epoca 194) di Angel Street in Providence, Rhode Island.
Nessuno poteva immaginarlo, ma quel bambino era destinato a segnare l'immaginario di milioni di lettori e, cosa ancora più notevole, di centinaia di scrittori, lasciando una traccia indelebile nella storia della narrativa fantastica.
La madre, Sarah Susan Phillips Lovecraft poteva far risalire la propria ascendenza fino all'arrivo di George Phillips nel Massachussets nel 1630 (almeno secondo H.P.Lovecraft che, per tutta la propria esistenza, portò fieramente il cognome Phillips), il padre Winfield Scott Lovecraft era un viaggiatore di commercio, destinato ad una triste fine. Vittima di un collasso nervoso, probabilmente conseguenza di una forma di sifilide, in un hotel di Chicago, dove si trovava per lavoro, fu ricoverato in una clinica per malati di mente quando H.P. aveva soltanto tre anni. Ne sarebbe uscito soltanto da morto, nel 1898.
Il piccolo Howard fu cresciuto dalla madre, dalle due zie materne e dal nonno Whipple Van Buren Phillips, uomo d'affari di successo di Providence, per il quale lo scrittore nutrì sempre una grande ammirazione ed un grande affetto e che supplì, in un certo senso, all'assenza di una figura paterna.
Nonno Phillips fu probabilmente anche la persona che risvegliò in Lovecraft la passione per il racconto soprannaturale, intrattenendolo spesso con la lettura dei classici della narrativa gotica. Non sappiamo se questa fu anche la causa scatenante degli incubi che, per il resto della sua vita, ne avrebbero popolato i sogni. Del resto, fin da piccolo, H.P dimostrò una eccezionale precocità di ingegno ed una grande passione per la lettura. Sembra che abbia imparato l'alfabeto a due anni, che leggesse correntemente a quattro e che avesse solo sei anni quando scrisse le sue prime poesie. Il suo primo amore fu per le storie de "Le mille e una notte" e per l'Iliade e l'Odissea che ebbe modo di leggere attraverso una edizione per bambini.
Di salute cagionevole, non poté frequentare regolarmente una scuola fino all'età di dodici anni, tuttavia studiava intensamente per proprio conto e si appassionò all'età di soli otto anni alla chimica ed all'astronomia, iniziando anche a produrre in proprio due pubblicazioni amatoriali:
The scientific Gazette (1899-1907) e
The Providence Evening News (1914-1918) che diffondeva nella propria cerchia di amicizie. Curiosamente, la sua prima pubblicazione fu proprio un articolo scientifico inviato nel 1906 al "
The Providence Sunday Journal".
La morte del nonno, nel 1904, creò enormi problemi economici a tutta la famiglia, costretta ad abbandonare la paterna casa vittoriana per trasferirsi in un quartiere minore della città. H.P.Lovecraft cadde in una forte depressione da cui lo salvò soltanto la passione per gli studi. Purtroppo, nel 1908, un collasso nervoso gli impedì di conseguire il diploma scolastico e, per questo, non fu ammesso alla Brown University, nonostante egli fosse, senza dubbio, uno dei più formidabili autodidatti della sua epoca. Lovecraft visse questa esperienza come una forte umiliazione di cui si sarebbe vergognato per tutta la vita. Gli sarebbero occorsi cinque anni, durante i quali visse praticamente come un eremita, senza più coltivare le sua passione per lo studio e la letteratura, per riprendersi completamente.
Il ritorno alla scrittura avvenne in modo casuale, dopo aver letto un racconto di un certo Fred Jackson pubblicato su di un "pulp" magazine, H.P. fu talmente indignato dalla scarsa qualità della trama da scrivere una lunga lettera di protesta, in versi alla rivista. La lettera fu ovviamente pubblicata, era il 1913, e diede il via ad lunga polemica tra sostenitori e detrattori di Jackson. A seguito di questo fatto, H.P. Lovecraft fu invitato a far parte della UAPA (United Amateur Press Association). L'apprezzamento che ricevette presentando agli altri membri i racconti "
La bestia nella cava" e "
L'alchimista", che aveva scritto rispettivamente nel 1905 e nel 1908, fu tale a da spingerlo, nuovamente, a scrivere.
Nel giro di pochi anni scrisse racconti come "
Dagon" e "
The Tomb", nonché una quantità impressionante di lettere destinate ad amici e colleghi della UAPA. L'intero epistolario di H.P.Lovecraft è un'opera di tale mole ed interesse da far sì che non siano pochi quelli che la ritengono l'opera maggiore dello scrittore e, certamente, uno degli epistolari più interessanti del secolo.
La madre di Lovecraft fu ricoverata nel 1919 nel Butler Hospital a seguito di un collasso nervoso, due anni dopo sarebbe morta a seguito di un'operazione malriuscita. L'impatto sullo scrittore fu tremendo, tuttavia, come ebbe da dire, egli cominciò davvero a scrivere solo dopo essersi liberato dell'iperprotettività della madre (donna che gli impedì di frequentare gli altri bambini dicendogli come scusa che era brutto, che, con un semplice commento portò l'autore a distruggere tutta la sua prima produzione). Nel 1921, durante un convegno per giornalisti dilettanti a Boston incontrò Sonia Haft Greene, un'ebrea russa di sette anni più vecchia di lui, che ne aveva 31 e se ne innamorò. Con lei visse a Brooklyn per qualche tempo ed, infine, i due si sposarono nel 1924.
Tutto, all'inizio, sembrò funzionare perfettamente. Sonia aveva un negozio di cappelli alla moda sulla Quinta Strada, Lovecraft cominciava a farsi un nome nel mondo degli scrittori professionisti ed alcune delle sue storie apparvero sulla neonata Weird Tales.
Purtroppo, ben presto, le cose cambiarono, Lovecraft rinunciò alla pubblicazione di una antologia per non trasferirsi a Boston, il negozio di Sarah fallì ed ella stessa dovette restare in ospedale per diversi mesi. Ormai ridotti sul lastrico, i due dovettero separarsi quando Sarah accettò un lavoro a Cleveland e Howard rimase a New York. Nonostante le molte amicizie newyorkesi, Lovecraft ricadde nella depressione e ricominciò ad isolarsi sviluppando anche una crescente avversione misantropica ed a tratti xenofobica per le masse di immigrati stranieri che affluivano in città. I racconti scritti in questo periodo (
He e
The horror at Red Hook) riflettono chiaramente i sentimenti dell'autore.
Nel 1924 decise di rientrare a Providence, città che gli mancava moltissimo e di stabilirsi con le vecchie zie che si rifiutarono sempre di incontrare Sarah. Del resto la coppia era andata sempre più allontanandosi ed il divorzio del 1929 fu soltanto la pacifica conclusione di un rapporto ormai estinto.
Gli ultimi dieci anni della sua vita furono certamente i più prolifici. Continuò a gestire l'impressionante mole di corrispondenza con gli amici e colleghi sparsi per tutti gli stati uniti, visitò numerosi siti archeologici delle vicinanze (Quebec, New England, Philadelphia) e trovò anche il tempo di scrivere alcuni dei suoi indiscussi capolavori, da
The Call of Chtulhu (1926) a
At the mountains of Madness (1931) nonché numerosi saggi di economia, scienze e politica (dove sosteneva Roosvelt e la politica economica del dopo-depressione).
Purtroppo, l'ultima parte della sua vita doveva rivelarsi meno serena del previsto. Nel 1932 l'adorata zia, Mrs. Clark, morì e Lovecraft dovette trasferirsi nuovamente. Anche i soldi scarseggiavano, dato che le ultime storie, più lunghe e complesse, erano molto più difficili da vendere e per sopravvivere doveva dedicarsi a revisioni ed all'attività di ghost writer. Nel 1936, quando rimase sconvolto dalla notizia del suicidio dell'amico fraterno Robert H. Howard (il creatore di Conan il Barbaro), il cancro all'intestino che doveva ucciderlo era già ad uno stadio avanzato, tuttavia lo scrittore rifiutò di farsi ricoverare sino al 10 Marzo 1937. Sarebbe morto cinque giorni più tardi, entrando nella storia della letteratura Americana senza avere mai pubblicato un solo libro.
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Commento personaleCome tutti gli autori che ammiro profondamente, mi è difficile dare un giudizio alle opere di Lovecraft. Sicuramente il suo stile è unico: l'autore disse molto spesso di riportare per iscritto ciò che sognava (quindi, scherzosamente, di non aver merito per i suoi libri), e gli incubi che lo perseguitarono per tutta la vita danno un tocco particolare ai suoi testi. Sicuramente molto delle sue storie sono semplicistiche e, senza il suo particolarissimo stile, che comprende descrizioni sfumate e l'utilizzo della prima persona, l'effetto non sarebbe lo stesso. Mi è sempre stato difficile riassumere un suo racconto, proprio perchè non è semplice spiegare l'effetto che ha un'opera come
Colui che sussurrava nelle tenebre: è, fondamentalmente, un romanzo epistolare. Una storia su un uomo che legge le lettere di un altro uomo vittima di eventi sovrannaturali, quindi un racconto di terza mano, si potrebbe quasi dire. Eppure, la paura in agguato (titolo di un altro suo racconto, per inciso) è sempre presente. In alcune opere la tematica dell'orrore è più presente rispetto ad altre, confrontare
I ratti nei muri con
Alle montagne della follia, che sfocia nella fantascienza, ma è una tematica che non abbandona mai lo scrittore. Non è il primo ad inventare un pantheon, ma è forse colui che ha ottenuto l'effetto migliore, sfruttando le opere di altri scrittori per sostenere le sue costruzioni e destreggiandosi fra le divinità inventate dai nomi più o meno fantasiosi. Rovesciando l'antropocentrismo che il progresso del suo secolo poteva generare, su tutte spicca l'impotenza dell'uomo di fronte alle forze che si trova davanti (non a caso, moltissimi protagonisti dei suoi racconti fanno una brutta fine
): per Lovevcraft, insomma, non sempre la sete di sapere è una buona cosa, e ci sono segreti che sarebbe meglio restare tali. Certamente la sua pecuiare storia influenzò molto la sua produzione, e non mi riferisco semplicemente ai protagonisti, che spesso sono trasposizioni dello stesso Lovecraft o di ciò che avrebbe voluto essere: sia il padre che la madre vennero ricoverati per malattie psichiche e forse, per scrivere certe cose, è necessario un pizzico di follia.