He who has a thousand friends has not a friend to spare
and he who has a single enemy will meet him everywhere
- Ronald Waldo Emerson
“Come si dice
scared shitless in italiano?”
Nonostante avesse cercato di tenere basso il volume, il suono della sua stessa voce fu sufficiente a far sobbalzare Alexa. Non avevano parlato molto da quando avevano preso la decisione di restituire al cacciatore la sua arma. Non che ci fosse molto da dire. In più poteva darsi che, stando in silenzio, non avrebbero attratto nessuna di quelle creature. Non che nessuno dei due ci credesse davvero.
“Non vedo l'ora di essere fuori da questa piramide con te perché mi sto cagando addosso”, rispose Sebastian. “Più o meno.”
Erano decisamente più parole di quante Lex si sarebbe aspettata e una parte di lei si domandò se l'uomo non la stesse prendendo in giro. Subito dopo se ne dimenticò: non le importava così tanto di una risposta chiesta solo per spezzare la tensione.
All'improvviso Sebastian si fermò, pietrificato: “Aspetta... hai sentito anche tu?”
No, non aveva sentito, prima, ma ora che aveva teso l'orecchio poteva udirlo anche lei: un sibilo, come di un serpente gigantesco. Riecheggiava nei condotti, rimbalzando sulle pareti. Si voltarono entrambi verso le profondità della galleria da cui erano venuti, in tempo per vedere una coda inarcarsi graziosamente dal soffitto.
“Corri!”
Non avrebbe saputo dire se l'esortazione fosse stata pronunciata da lei, o da Sebastian, o da entrambi. Erano come dei topi in un labirinto... e il gatto li aveva trovati. Corse come non aveva mai fatto in vita sua, certa che la creatura avrebbe potuto raggiungerla in pochi istanti. Corse senza nemmeno controllare se Sebastian era al suo fianco, dietro o davanti a lei: non per egoismo – non c'era il tempo di pensare – ma per puro e semplice istinto di sopravvivenza. Corse, i piedi che martellavano ritmicamente sul sulla pietra della pavimentazione, e assieme ai suoi i piedi di Sebastian e, sotto tutto, quasi inudibile, la bestia che li inseguiva. E poi, di colpo, il suolo scomparve davanti ai suoi occhi.
Era stato un ponte, prima di crollare – secoli o millenni prima. Ora era una voragine senza fondo che minacciava di inghiottirla.
Saltò.
Non fu abbastanza. Era rimasta senza fiato per la corsa? Avrebbe avuto bisogno di più spazio per prendere lo slancio? I blocchi erano stati indeboliti dal passaggio di Sebastian? Non importava: stava cadendo. Le sue mani afferrarono i mattoni, scalzandoli uno dopo l'altro, i suoi piedi si agitarono convulsamente alla ricerca di un appiglio. Sapeva di poter contrastare la forza di gravità che l'attirava verso il basso solo per pochi secondi ancora, e che non sarebbero stati sufficienti. Di nuovo fu l'istinto, più che la ragione, a farla gridare mentre perdeva la presa per l'ultima volta... e poi le mani di Sebastian si chiusero attorno alle sue.
All'ultimo secondo, come nei film. Il sollievo la travolse come un'ondata, tanto che rischiò nuovamente di cadere. Alzò lo sguardo per ringraziare l'archeologo... e spalancò gli occhi per l'orrore nel vedere un altro di quei mostri proprio dietro di lui. Un istante dopo anche Sebastian se ne accorse, ma era ormai troppo tardi. Per un attimo furono le mani di lei a trattenerlo, poi le fu bruscamente strappato. Lex era sicura che avrebbe ricordato per tutta la vita – che poteva essere molto, molto breve – il terrore nel suo sguardo mentre veniva trascinato via dalla bestia.
In mano le restava un'unica cosa: il tappo di Pepsi Cola che l'uomo portava al collo, trovato ad appena un passo dallo strapiombo. E la paura: fra il salto e il mostro, si sentiva in un bagno di sudore: che quelle creature potessero identificarla con l'olfatto? Era un pensiero alquanto inquietante, soprattutto perché non poteva farci nulla. Chiamò il nome di Sebastian un paio di volte, ma le rispose solo il silenzio.
Era sola.
Alexa Woods aveva fatto conoscenza molte volte con la paura, anche a voler considerare soltanto quella giornata. Aveva perso il conto delle volte che era stata ad un passo dalla morte. Nonostante questo, scoprì che essere
sola portava il terrore a livelli completamente nuovi. Era irrazionale, lo sapeva bene: non era stata più al sicuro in compagnia di Sebastian – o dell'intera spedizione, dato che, per quanto ne sapeva, a quel punto erano tutti morti – ma avere qualcuno accanto in qualche modo smorzava la sua inquietudine. Adesso ogni ombra poteva essere uno di quei mostri oppure l'altra creatura, quella che stava cercando. Che avrebbe potuto ucciderla ancora prima che se ne accorgesse. Avrebbe fatto volentieri a cambio con il tizio di quella leggenda greca: almeno il suo labirinto non cambiava forma e il minotauro era uno solo.
Abbassò lo sguardo: il display a cristalli liquidi del costoso cronografo doveva essersi rotto in qualche momento della fuga. Ora non aveva né bussola né orologio per predire i cambiamenti di forma della piramide. Si lasciò sfuggire un singhiozzo. Se aveva pensato di aver toccato il fondo...
Non avrebbe saputo dire cosa l'avesse spinta a voltarsi, perché non aveva udito alcun suono. Forse soltanto la consapevolezza che le cose erano andate così male che ora potevano solo andare peggio.
Il cacciatore era ad un paio di passi da lei, fermo come una statua. Era colossale: una parte della mente di Lex stimò che doveva avere una stazza almeno doppia della sua. Uno avrebbe pensato che il pavimento avrebbe tremato, sotto il peso di un simile gigante, invece le era arrivato alle spalle silenzioso come uno spettro. Qualcosa nella calma del suo atteggiamento le faceva credere che fosse furibondo: in un altro luogo, in un altro tempo, forse avrebbe ignorato Lex, ma lei aveva commesso il sacrilegio di rubare la sua arma. O meglio, non era stata lei a commettere il crimine, ma sarebbe stata lei a pagare. E comunque dubitava che simili sottigliezze gli importassero particolarmente. Lo vide portarsi una mano dietro la schiena ed estrarre lentamente un cilindro di metallo, che si espanse fino a diventare una lancia dall'aria assolutamente micidiale. Lancia che in un istante fu puntata al petto della ragazza, con un ringhio minaccioso.
Fu il suono, probabilmente, a sbloccare Alexa. La consapevolezza di star per morire mise il moto il sistema nervoso e, prima ancora di poter pensare a cosa stava facendo, si era buttata ai piedi della creatura, supplicandolo con parole incoerenti. La mossa giusta, a quanto pareva, dato che il mostro interruppe il suo attacco per guardarla, in apparenza sorpreso dal suo comportamento. O forse pensa semplicemente che io sia pazza, pensò Lex, ma non importava. Qualunque cosa potesse comprarle un paio di secondi di vita in più.
“Il nemico del mio nemico è mio amico”, ripeté, senza sapere perché lo stesse facendo. Quella cosa probabilmente non parlava nemmeno inglese. Ma se serviva a non farla ammazzare, tanto valeva. Rispetto ai serpenti neri, sicuramente quel cacciatore era il male minore. Con le dita che annaspavano sulle cerniere, aprì lo zaino e tirò fuori l'arma aliena, guadagnandosi un suono che si augurò non corrispondesse ad una condanna a morte...
- - -
Lo yaut'ja aveva seguito in silenzio la sua preda, confondendosi con le ombre senza neanche bisogno del sistema di occultamento. Avrebbe potuto eliminarla a suo piacimento nei precedenti minuti, ma era riuscita ad infastidirlo e a causargli non pochi problemi: per questo doveva vederlo mentre la uccideva.
Sollevò la lancia composita davanti ai suoi occhi terrorizzati: non avrebbe dovuto giocare con le prede, nella sua situazione, ma quell'umana era chiaramente sola e disarmata. Non aveva veramente bisogno della lancia, avrebbe potuto spezzarle il collo con una mano sola, ma la situazione richiedeva la dovuta teatralità.
Ringhiò, tanto spaventarla ulteriormente. Tutto si sarebbe aspettato, a quel punto, tranne che si buttasse ai suoi piedi. Avrebbe potuto cercare di fuggire – nel qual caso le avrebbe lasciato fare qualche passo per poi inchiodarla alle spalle – perché si inchinava? Sapeva che un tempo gli umani veneravano la sua specie, ma quell'epoca era passata. O no? Il gesto fu comunque sufficiente a farlo esitare, dando il tempo all'umana di armeggiare con la borsa che portava sulla schiena.
Lo yautja decisa di lasciarla fare: anche se avesse impugnato un'arma, era sicuro di riuscire ad ucciderla prima che riuscisse a farne uso, e – anche se questa eventualità sarebbe stata l'ennesimo affronto di una caccia iniziata male – era curioso.
Dalla borsa l'umana produsse un plasmacaster. Lo yautja sapeva che l'aveva con sé, la sua maschera gli permetteva di vedere attraverso il tessuto, ma sicuramente non era in grado di attivarlo ed usarlo contro di lui. Decise che le avrebbe concesso un paio di secondi, dopodiché l'avrebbe uccisa e avrebbe recuperato il cannone dal suo cadavere. L'umana continuava a ripetere una frase nella sua lingua, ma l'alieno non le prestò attenzione: era totalmente concentrato sul plasmacaster. Forse comprendendo di star sfidando la sorte, l'altra tacque e fece scivolare l'arma sul terreno, verso di lui.
Finalmente! Ora doveva solo montarlo e poi si sarebbe potuto aprire la via a cannonate fuori da quella piramide e da quel pianeta...
L'umana gridò qualcosa, non capì cosa, ma il tono era di un avvertimento. Un attimo dopo , un colpo lo scaraventò contro la parete, facendogli cadere la lancia di mano...
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Alexa guardò ad occhi sbarrati le due creature collidere come leviatani, sollevando nuvole di polvere dalle decorazioni sbriciolate dal loro impatto. Il cacciatore era finito sotto e aveva perso la lancia, ma con un calcio si liberò del suo opponente, mandandolo a schiantarsi contro il muro di fronte. Il mostro nero sibilò e agitò la testa, cercando la preda più vicina. Che, sfortunatamente, era lei.
Con un ringhio il serpente balzò verso la ragazza, librandosi a mezz'aria come se fosse stato privo di peso. Le dita di Lex trovarono la lancia che il cacciatore aveva lasciato cadere e, mosse più dall'istinto che dalla ragione, la sollevarono di scatto.
Nel millesimo di secondo che spese con la lancia sollevata si sorprese di quanto leggera essa fosse – dato quanto grandi e forti sembravano gli alieni, si era aspettata fosse molto più pesante – poi il mostro nero vi impattò e la ragazza dovette usare entrambe le mani per evitare che la lancia le fosse strappata via. La sentì affondare nel corpo nella bestia, prima facendo resistenza e poi scivolando quando una lama seghettata ne bucò il corpo.
Il mostro si contorse, agitando le mani artigliate. Graffiarono la pietra e Lex dovette abbassare la testa di scatto, ma non la colpirono. Dopo un attimo, il mostro si afflosciò inerte, gravando di colpo con tutto il suo peso sulla lancia. Incapace di sostenerlo, la ragazza fece per abbassarlo... e due fauci dentate scattarono ad un millimetro dal suo naso. C on un certo distacco osservò che quelle bestie possedevano una seconda mascella dentro alla prima, ed era quella che protraevano all'esterno per uccidere la preda. Ma doveva essersi trattato dell'ultimo spasmo, perché finalmente la creatura cedette e Lex riuscì a spingerlo per terra, allontanando il volto dalle sue fauci sbavanti.
Le bruciavano le mani e i muscoli della schiena per lo sforzo di sorreggere il peso della bestia, così, quando vide una luce rossa, si limitò a sollevare lo sguardo. Dalla maschera del cacciatore partivano tre laser che si congiungevano sul volto di Lex. L'arma aveva trovato posto sulla sua spalla e si sollevava minacciosa.
Sto per morire?, si chiese la ragazza. Le sembrava ingiusto: non aveva forse restituito alla creatura la sua arma? Cosa voleva di più?
Le mani le tremavano per la fatica e lo sfinimento e dalla bocca le uscivano piccoli suoni che non erano ansiti né singhiozzi. Era già tanto che fosse riuscita ad uccidere uno dei mostri neri, e non ci avrebbe creduto se non avesse avuto il grembo fradicio della sua saliva, le mani graffiate dall'impugnatura della lancia e le spalle che dolevano per l'impatto; non sarebbe riuscita a far nulla contro l'alieno, anche ammettendo di riuscire a sollevare di nuovo l'arma.
Non seppe mai se il cacciatore l'avrebbe uccisa oppure no, perché il rumore di molti passi – passi che non cercavano neanche di nascondersi, pelle corazzata che scivolava sulla roccia – lo fecero voltare con un ringhio. Tre, cinque...
troppi... di quei mostri neri si accalcavano l'uno sull'altro, strisciando lungo le pareti come scarafaggi usciti da un incubo, per cercare di raggiungerli per primi. Erano abbastanza da sopraffare il cacciatore? Probabilmente... prima che riavesse la sua arma. Sotto gli occhi di Lex, il cannone si sollevò sul suo supporto e sparò: una sfera di energia blu volò contro uno dei mostri, riducendolo in brandelli. L'arma tuonò altre volte, senza mai mancare il bersaglio, e altre di quelle bestie precipitarono dal soffitto.
Le creature parvero esitare: l'attacco stava evidentemente costando molte più perdite del previsto. Il cacciatore ringhiò, ostile, e il cannone sulla sua spalla si sollevò di nuovo in una chiara minaccia. Con un ultimo sibilo, gli attaccanti si ritirarono, scomparendo nelle feritoie tra le pareti e sul soffitto, eppure era chiaro sia alla ragazza sia all'alieno che ad essere vinta era solo una battaglia, non la guerra...
- - -
Lo xenomorfo stridette.
L'istinto l'aveva ricondotto al nido, seguendo un richiamo ancestrale trasmesso dai ferormoni della regina. Si era appoggiato al muro, costruendo per sé un bozzolo che lo trattenesse. Lentamente la parte posteriore del carapace che ne proteggeva il cranio si spaccò, lasciando espandersi lobi a forma di foglia. Similmente, le zampe anteriori, posteriori e la coda si allungavano, mentre il corpo, libero dal contenimento del vecchio involucro, poteva espandersi al pieno delle sue nuove dimensioni.
Lo xenomorfo si accasciò sul pavimento, stremato, prima di provare a sollevarsi sulle zampe posteriori, barcollando un poco. Il pretoriano stridette ancora, ma stavolta c'era qualcosa di differente nel suono, qualcosa di più profondo ed echeggiante. Nel giro di qualche minuto il carapace si sarebbe indurito e avrebbe potuto prendere il suo posto, al fianco della regina...
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Una volta chiaro che i serpenti si erano ritirati, Alexa osò spostare gli occhi sul cacciatore, che dopotutto era stato sul punto di ucciderla. Per il momento, però, sembrava aver riconsiderato il suo proposito. Una volta recuperata la lancia dal cadavere del mostro ucciso da lei, si voltò senza dire una parola e si incamminò per il corridoio.
Se mi lascia, sarò sola di nuovo... Un brivido scese lungo la schiena di Lex e le diede la forza di alzarsi e rincorrere il cacciatore.
“Ehi! Io vengo con te, mi hai capito...”
Ringhiando, l'alieno si voltò così rapido che le appendici simili a capelli gli frustarono il volto. La ragazza arretro, rendendosi conto della follia suicida del suo piano. Spostò lo sguardo a destra, a sinistra, ma non c'erano posti dove scappare o nascondersi. Rassegnata, spinse il mento all'infuori, dicendosi che se non altro quell'essere le avrebbe offerto una morte più rapida dei mostri neri.
Il cacciatore la squadrò da capo a piedi e Lex poteva sentire che la stava analizzando, considerando e infine prendendo una decisione. Rivolse un breve sguardo alla carcassa della bestia uccisa, tornò a guardarla e infine si abbassò di scatto verso il corpo. In un istante aveva estratto un pugnale – così lungo che nelle mani della ragazza sarebbe stato una corta spada – e mozzato la punta della coda del mostro, schizzando sangue tutto attorno. Quindi calò il coltellaccio sulla testa della vittima, separando il carapace nero dai tessuti sottostanti.
“Che cosa stai facendo...?”
L'alieno la guardò, quindi staccò un dito alla creatura morta e fece sgocciolare un po' di sangue sopra la pelle coriacea. Non successe nulla. Subito dopo, strizzò ancora il dito per far cadere il sangue sul pavimento, e subito la pietra iniziò a dissolversi.
Allo sguardo interrogativo dell'alieno, o almeno all'inclinazione del capo che lo sostituiva, Lex annuì. Il sangue dei mostri era un acido e la loro pelle poteva fare da scudo. Un sistema di difesa formidabile: era impossibile far loro del male senza che l'acido schizzasse ferendo anche l'aggressore. Come se non fossero stati abbastanza micidiali di per sé...
Il cacciatore si assicurò che avesse recepito il messaggio, quindi strappò dal muro un'asta e vi legò in cima la punta della coda recisa, realizzando così una rozza lancia, che la ragazza accettò assieme allo scudo fatto con il carapace della creatura.
L'altro parve considerare il suo aspetto, poi si voltò, incamminandosi nuovamente verso le profondità della piramide, questa volta con Lex al suo fianco.
Intanto, devo ringraziare Jack per aver gentilmente fornito la conferma della versione originale della frase in italiano (il doppiaggio l'ha massacrata). Quest'azione gli varrà fama e gloria imperitura (o, almeno, finchè questo lavoro sarà online).
Su questo capitolo non c'è molto da dire, eccetto che inizia a vedersi come sarà costruito il rapporto fra Scar e Lex, con lei praticamente costretta a seguirlo perchè rappresenta il minore dei mali.
Piccola curiosità: l'orologio di Lex, che qui vediamo rompersi, è un Suunto X6M, che, tra l'altro, comprende termometro, barometro, altimetro, clinometro, bussola e allarmi per l'altitudine.