Dalla Santa Amazon - sezione "Usato a due spicci" - ho comprato un'edizione usata della
novelization firmata da Marc Cerasini del film Alien vs Predator (2004).
So che questi libri tratti da film godono di una cattiva fama, ma solo perché troppo spesso sono arrivati in Italia quelli scritti contro voglia, semplici trascrizioni di sceneggiatura, mentre invece delizie come questa sono rimaste inedite.
Al contrario di molti suoi colleghi, Cerasini non si limita raccontare le immagini del film, bensì scrive un vero e proprio romanzo, da gustare appieno anche se non si è mai visto
AVP.
Inoltre il romanzo è tratto dalla sceneggiatura originale, quindi PRIMA del montaggio finale: questo vuol dire che nella narrazione ci sono sia scene tagliate dal film sia scene ampliate, che magari poi in sala di montaggio sono state sforbiciate. Le scene sono state poi reinserite nell'edizione speciale 2 dischi del 2005 - o presentate sfuse in una ristampa del 2008 - ma parliamo di manciate di secondi che nel romanzo diventano interi capitoli.
E la prima scena raccontata da Cerasini non è presente fra quelle reinserite nel film...
Oggi
sul mio blog vi presento interi capitoli tradotti in esclusiva per farvi assaporare il gusto di
AVP in forma di romanzo. Ecco i capitoli che ho tradotto:
- Prologo (tagliato dal film)
- Capitolo 1 (tagliato dal film)
- Capitolo 9 (vestizione dei Predator)
- Capitolo 25 (storia dei Predator)
- Epilogo
Non è escluso che in futuro aggiungerò altri brani, visto che Cerasini scrive davvero bene.
Come "assaggio", eccovi Raoul Bova che traduce i geroglifici
Capitolo 25: La storia dei Predator
Nella stanza dei geroglifici«Voglio mostrarti qualcosa.»
Sebastian portò Lex davanti ad un pannello tra due cenotafi stilizzati, che si innalzava per più di quattro metri dal pavimento al soffitto di pietra. Indicò una particolare sezione dei geroglifici incisi sulla parete rocciosa.
«Qui è descritto una sorta di rituale umano…» iniziò. Sebastian indicò un pittogramma che ricordava fortemente la creatura che li aveva attaccati prima. «Questi esseri. Questi cacciatori. Sono stati mandati qui per provare di essere meritevoli di diventare adulti…
«Stai dicendo che sono… cosa, adolescenti?»
Sebastian scosse le spalle. «Chi sa quanto tempo vivono queste creature? Magari per migliaia di anni. Indipendentemente dalla loro età, questo è il loro rito di passaggio».
Le sue mani seguirono un pittogramma – una costellazione stilizzata con ciò che appariva come un rapace alato che si faceva largo nello spazio. «Ecco perché non portano armi da fuoco.»
«Fa parte del rituale», propose Lex.
«Esatto. Se le devono guadagnare, come un cavaliere che si guadagna i propri speroni.»
Sebastian sbatté il palmo della sua mano sulla dura roccia. «L’intera storia è qui. I glifi sono difficili da interpretare – non è proprio azteco ma neanche egiziano – ma sono perfettamente preservati. E con un po’ di fantasia posso riempire gli spazi vuoti…» Passò la mano su un pittogramma stilizzato. Nonostante l’iconografia primitiva, Lex riconobbe facilmente l’immagine: era la Terra, vista dallo spazio profondo. E sul pianeta aleggiava un disco di fuoco, senza dubbio un simbolo che rappresentava una nave spaziale che arrivava dallo spazio.
«Come ho detto prima», iniziò Sebastian, «gli aztechi usavano multipli di dieci. Questi simboli qui approssimano il simbolo azteco del dieci, così con un po’ di matematica…»
Sebastian si fermò, facendo i calcoli.
«Cinque mila anni fa trovarono un pianeta… la nostra Terra. Insegnarono agli umani primitivi la costruzione e furono venerati come dèi…»
Il suo dito si mosse verso il basso, verso una forma triangolare familiare, con un disco fiammeggiante sopra di essa. Linee ondulate circondavano il disco e chiaramente ritraevano la misteriosa sorgente d’energia che alimentava l’astronave.
«In loro onore migliaia di primitivi lavorarono per decenni, magari per secoli, per costruire questa piramide ed altre similari.»
Sebastian si fermò sopra un disegno della parete, come un serpente che si morda la coda.
«Come il grande Serpente Uroboro nella mitologia gnostica, quest’immagine rappresenta il passaggio di lunghi eoni di tempo e la continuità della vita. Ma nella simbologia degli antichi che costruirono questo posto, rappresenta due cose: un ciclo ripetitivo o una tradizione. Qualcosa che ricorre ancora ed ancora. Ma rappresenta anche una creatura, un essere qui definito “Grande Serpente”. In questo testo, e probabilmente anche in altri, gli antichi impararono che i loro dèi sarebbero tornati ogni cento anni, e quando l’avrebbero fatto si sarebbero aspettati un sacrificio. Sembra che gli umani fossero usati come ospiti per i Grandi Serpenti.»
«Serpenti?» chiese Lex.
Sebastian annuì. «Quelli che non assomigliano a noi.»
Sebastian proseguì a tradurre il disegno, una parata di vittime guidate da alti prelati e disposti su are sacrificali. Sotto questa immagine c’era la rappresentazione stilizzata di alcune uova, ed istruzioni rituali che mostravano come ogni uovo andasse posizionato in un posto preciso.
«Questo.. uovo è posizionato in una ciotola, non sul cuore della vittima», osservò Lex.
«Apparentemente. E in qualche modo le uova fertilizzavano i prescelti che davano vita ai Grandi Serpenti, così che gli dèi potessero combatterli.»
Sebastian le mostrò una grande disegno che mostrava il Grande Serpente scontrarsi con gli dèi in un combattimento mortale.
«Questa immagine?» chiese Lex, indicando un altro disegno che mostrava un singolo Predator davanti ad una piramide, con una serie di stelle intorno alla sua testa.
«Come gladiatori nell’arena queste due razze aliene continuano ad affrontarsi», spiegò Sebastian. «Solamente il più forte sopravvive. E i superstiti saranno quelli meritevoli di fare ritorno tra le stesse. Di tornare a casa.»
«E se perdono?»
Sebastian mostrò a Lex tre immagini in sequenza, un terribile terzetto da apocalisse. La prima era l’immagine di una grande piramide, con tre Predator stilizzati in cima e un’orda di Grandi Serpenti che si arrampicava verso l’alto. L’immagine successiva mostrava i Predator con le braccia alzate e linee ondulate che si irradiavano dai loro polsi.
La terza immagine era dannatamente familiare. Mostrava un’esplosione: una detonazione di luce verde con un fungo atomico sopra di essa, un’esplosione che ha distrutto tutto e tutti nel suo passaggio.
«Se gli dèi erano battuti, allora un evento terribile avrebbe sconvolto la zona, e la popolazione umana sarebbe scomparsa all’improvviso. Genocidio totale… un’intera civiltà spazzata via con un gesto solo.»
Lex si ammutolì. Un mistero su cui la sua famiglia aveva indagato per decenni era finalmente svelato.
«Allora queste creature sono già state qui prima», disse Lex. Non era una domanda.
«Senza dubbio», rispose Sebastian. «Migliaia di anni fa, e molte volte da allora: magari ancora in tempi recenti.»
Lex fissò Sebastian. «Nel 1979, proprio qui nell’Isola di Bouvet, ci fu una misteriosa detonazione nucleare. Nessuna nazione se ne assunse la responsabilità, e gli scienziati dell’Air Force non riuscirono a spiegarsi dove fossero stati presi gli isotopi radioattivi, visto che tutto l’uranio della Terra può essere tracciato attraverso la segnatura molecolare.»
«Come sai tutto questo?»
Lex incrociò le braccia. «Mio padre era un ricercatore dell’Air Force. Ha passato vent’anni a studiare l’evento ma non è riuscito a trovare le tracce degli isotopi d’uranio utilizato per l’esplosione.»
Sebastian si grattò il mento. «Quindi sono già stati qui.»
«Questi… predatori», disse Lex, «hanno portato quelle creature qui semplicemente per la
caccia?»
«Sì», rispose lui.
«Quindi non li abbiamo scoperti noi?»
Sebastian scosse la testa. «Credo che quel calore fosse un segnale studiato per farci venire qui. L’intera piramide è una trappola. Senza di noi… non ci potrebbe essere alcuna caccia.»