| Tratto da una pagina Facebook, in merito alla ricerca sulla de-estinzione del tilacino :
"QUELLI CHE… VOGLIONO DE-ESTINGUERE IL TILACINO
Un interessante articolo di Kate Evans pubblicato su «Scientifica American» (lo trovate nei commenti) riporta l’attenzione sulla possibilità, tramite l’ingegneria genetica, di de-estinguere specie animali che credevamo perse.
Sebbene la mente corra subito a «Jurassic Park» e ai dinosauri, la realtà ci offre invece animali estinti da meno tempo, come l’uro, antenato dei nostri bovini d’allevamento, il mammut lanoso e, di recente, il tilacino, new entry in questo ristretto club di potenziali de-estinti.
L’ultimo esemplare di tilacino, un marsupiale carnivoro che viveva tra Australia e Tasmania, è morto nel 1936 presso lo zoo di Hobart, proprio in Tasmania, ultima terra in cui era sopravvissuto. Con l’arrivo dei coloni europei tra ‘800 e ‘900, infatti, il tilacino, come spesso accade a grandi predatori quali lupo e orso, era stato perseguitato perché ritenuto responsabile di attacchi agli animali domestici. L’incentivo governativo, inoltre, ne aveva incoraggiato la caccia – anche qui, una storia uguale a quella di lupo, orso e lince in Europa –, fino alla sua completa sparizione in natura. Uno degli animali più incredibili che l’evoluzione aveva plasmato, un marsupiale carnivoro grosso come un lupo, era perduto per sempre.
O, almeno, fino all’entrata in scena della Colossal Biosciences, azienda texana che in collaborazione con l’Università di Melbourne ha iniziato a lavorare sulla possibilità di riportare in vita questo animale, sebbene sarebbe meglio dire qualcosa di molto simile a un tilacino, piuttosto che un tilacino vero e proprio. Per farlo, ha iniziato a sequenziare il genoma di questo marsupiale partendo da resti museali: siamo al 96% del totale, sebbene quel 4% restante sia la parte più difficile, “come un puzzle con tutti i pezzi blu” dice Andrew Pask.
Il passo successivo sarà confrontare il genoma del tilacino con il suo parente vivente più stretto, che i ricercatori hanno individuato essere il “fat-tailed dunnart” (“Sminthopsis crassicaudata”), un piccolo marsupiale somigliante a un topolino. L’obiettivo è, tramite la tecnologia Crispr – una tecnica di ingegneria genetica che consente di fare un “taglia e cuci” selettivo del DNA -, di modificare il genoma di quest’ultimo tanto da renderlo il più simile possibile a quello del tilacino, impiantare questo DNA modificato in un ovulo e farlo sviluppare, almeno inizialmente, in una madre surrogata di “fat-tailed dunnart”.
La Colossal Biosciences dispone di un budget cospicuo per portare avanti le sue ricerche, alcuni milioni di euro. I primi obiettivi sono quelli di ottenere un animale che sia al 90% tilacino, per arrivare, infine, a un tilacino quasi autentico, al 99,9%, un centinaio di esemplari da rilasciare in natura e pronti a riconquistare il loro habitat perduto. Questa società, inoltre, sta lavorando a un progetto simile sul mammut lanoso, questa volta cercando di inserire geni dell’animale estinto nel genoma dell’elefante asiatico e, da qui, arrivare a un elefante asiatico adattato al freddo, tanto che “una nonna mammut” direbbe “questo è un mammut lanoso”.
Ovviamente il dibattito incombe e le voci critiche verso questa operazione sono molte. C’è chi sostiene che sia impossibile da realizzare, anche perché il parente più prossimo del tilacino è “prossimo” per modo di dire, visto che dista 40 milioni di anni di evoluzione (Kris Helgen, dell’Asutralian Museum); altri si soffermano sulla sofferenza animale che tutto ciò creerà sia ai futuri quasi tilacini sia ai topi marsupiali (Carol Freeman, Università della Tasmania); altri ancora invocano fin da subito un coinvolgimento delle popolazioni aborigene (Bradley Moggridge, Università di Canberra) e altri, infine, sostengono che tutti questi milioni di dollari sarebbero ben più utili se spesi nella conservazione dell’esistente piuttosto che nel provare a riportare in vita surrogati si specie estinte (Joseph Bennett, Università dell’Ontario).
Quindi, provare a riportare in vita specie estinte oppure no? Le critiche riportate qui sopra sono tutte consistenti, impossibile ignorarle. È però vero, dall’altra parte, che non sappiamo cosa possa saltare fuori da una ricerca scientifica lasciata libera di inseguire la propria curiosità, fosse anche questa impossibile. La storia della scienza è costellata di cose che da impossibili sono divenute realtà. Magari non tornerà il tilacino e neanche il mammut lanoso e, probabilmente, non è neanche giusto che si de-estinguano, anche perché il mondo che troverebbero non è uguale a quello che hanno lasciato. Ma nel farlo, nel cercare di de-estinguerli, non è detto che non salti fuori qualcosa di inaspettato e di utile per altri scopi, altri usi, altre finalità. La serendipità, nella scienza, è cosa poi non così rara e il miglior modo per incoraggiarla è lasciar correre fantasia, curiosità e ingegno. Ma avendo ben in mente che la storia tragica del tilacino ci impone di agire diversamente qui e ora, è nostra responsabilità conservare l’incredibile biodiversità che la sorte ci ha donato, non esistono scorciatoie."
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