Era un deserto argilloso, grigio e spaccato da crepe che lo spezzavano come un mosaico, quello di quel pianeta, appena fuori dalla fitta giungla. Il Predator dalla lama spezzata cominciava a ricollegare alcune immagini. C'erano due soli brillanti nel cielo che facevano sudare anche la sua robusta e ruvida pellaccia grigio-verde, una tinta che difficilmente permetteva di distinguerlo in quella vastità.
Il luogo era quello che si poteva definire
casa per la sua specie, anche se si trovava nel meno raccomandabile dei posti su tutto Yautja Prime.
Mentre camminava cercava di rammentare con grande impegno quel poco che riusciva. Aveva un nome... poteva sentirlo, era la cosa che più batteva contro le pareti della sua mente. Un nome che significava qualcosa, qualcosa come “corridore della tenebra” o “corridore notturno”. Sì, ricordò che gli piaceva cacciare di notte, con il favore dell'oscurità, passare interi archi del vespro appollaiato nei casotti di caccia oppure ad inseguire bestie che uscivano solo alle tali ore. Gliel'aveva insegnato suo padre: ma chi se lo ricordava che faccia avesse o qual era il suo titolo? E il suo nome? No, ora si trattava del suo di nome, non di quello dell'antenato. Dunque aveva a che fare con la corsa e la notte.
Poteva essere soltanto
Rakisha Guan, il corridore notturno.
D'un tratto gli parve di vedere uno specchio d'acqua riflettere il cielo dorato e i due bagliori che lo infiammavano. Si avvicinò, poiché aveva molta sete. Si tolse con calma il biocasco e lo poggiò a lato, poi fece le mani a scodella e raccolse un po' del prezioso liquido. La pozza era fresca come nascosta dall'ombra di una spelonca, nonostante i soli battessero su quella landa arida incessantemente durante il dì.
Con la coda dell'occhio vide un rigagnolo affluire in quella macchia. Incuriosito si alzò, raccolse la maschera e decise di seguirlo. Strada facendo si riallacciò l'elmetto, appena in tempo per identificare una presenza dietro ad un ammasso di rocce posizionato sotto un tetto di fronde di palma.
Cautamente si sporse dietro a quel macigno. La visione che ne conseguì fu piacevolmente accolta da Rakisha, che in tutto quel trambusto delle ultime ore aveva solo patito sfortune e dolori. Vide una femmina della sua specie che si stava dedicando alla pulizia del corpo bagnata fino alle ginocchia nella sorgente di quel luogo ameno.
“Allora ci dev'essere un villaggio qua vicino!” pensò rassicurandosi della vicinanza con la civiltà, anche se stava proprio scappando da essa, ma in qualche modo doveva riconciliarcisi.
A parte questi pensieri non poteva fare a meno di essere lievemente imbarazzato e si lasciò scappare un gorgoglio emozionato che fece malauguratamente scoprire la sua presenza alla giovane yautja. Che cacciatore maldestro era! Rivelare così la propria esistenza, per giunta ad una femmina.
Sentì qualcosa che lo distrasse dagli sguardi spaventati e perplessi della femmina, dei corni di caccia in lontananza risuonavano con foga. Si lanciò dietro le pietre, nel labirinto dell'oasi, sperando di far perdere le sue tracce sia alla spaesata donna, sia agli eventuali cacciatori.
Ma il rumore e il movimento che evocava nel sottobosco rese troppo facile scovarlo. Uno dei partecipanti alla battuta gridò:
« E' da questa parte, lasciate andare i mastini! »
Partirono all'inseguimento i cani da caccia dei Predator, troppo veloci anche per Rakisha, per il mezza-lama. Soprattutto perché in quella vegetazione non c'erano buoni alberi abbastanza alti per saltare e reggere il suo peso. I randagi lo afferrarono rabbiosamente per i polpacci, che per fortuna erano corazzati.
Il Predator in testa alla caccia comparve in sella ad una cavalcatura rettiloide, da dietro una specie di banano.
« Ecco, frat... - si arrestò di colpo nel suo richiamo alla compagine, - ma questa non è la preda che stavamo cacciando! »
Un altro cacciatore comparve in arcione ad una cavalcatura analoga, che si agitava facendo vibrare la lingua e scacciando i moscerini con i corti arti superiori.
« Fammi un po' vedere... »
Rovesciò Rakisha sul dorso aiutandosi con una lunga lancia estendibile, scacciando al contempo i cani dalla preda. Lo osservò per un po', poi armeggiò sul suo bracciale digitando qualcosa e annuendo fra sè.
« Staccagli la maschera,
Bakuub. »
Il capo-caccia scese dalla bestia a due zampe, si avvicinò a Rakisha ed estrasse il bioelmo. I due cacciattori non riconobbero quel volto, per loro era un estraneo, tuttavia, riconobbero il segno inciso sulle sue carni, lo riconobbero perché le loro scritture che si tramandavano di generazioni in generazioni narravano di un Rinnegato, uno Yautja che aveva traditto il suo clan, cedendo ai Bad Blood quanto loro avevano di più prezioso.
« E' il Rinnegato!. Colui che ci ha disonorato. Dobbiamo portarlo alla Cittadella, e gli Anziani sapranno cosa farne... »
Gli fu inferto un colpo in faccia così che perse i sensi.
Quando si risvegliò era in una specie di prigione, nuovamente in trappola, con dei bracciali ai polsi e delle catene che lo trattenevano. Al suo cospetto c'erano tre Anziani e uno yautja privo di maschera che aveva l'aspetto del carcieriere. Rude, con una lunga cicatrice che ne rigava la fronte e privato di una zanna inferiore.
Fu lui a parlare per gli Anziani. Riassunse tutta la faccenda in poche parole, aiutando Rakisha a ricordare qualche altro particolare. Sembrava che nella sua "precedente vita" fosse stato una sorta di guardiano al cospetto di qualcosa di molto importante. Per una sua negligenza, o a quanto pare era questa la colpa che gli era stata attribuita, questo qualcosa era andato rubato, caduto nelle mani di un odiato clan rivale, un clan di rinnegati, di Bad Blood. Dunque era questa la loro "verità". L'unica che fin'ora aveva tra le mani.
La pena del labirinto gli era stata imputata per la grave offesa recata al suo popolo. Pena a cui non era stato programmato che scampasse. Tutti i guerrieri precedentemente condannati, come aveva constatato all'uscita, non erano stati in grado di "riconquistare l'onore".
Finito il discorsetto di rimprovero, Rakisha capì bene che la razza voleva ben liberarsi velocemente di quel suo figliol prodigo, e che quindi lo aspettava un'altra punizione, questa volta si presumeva più decisiva. Gli furono tolte le manette, proprio mentre il quartetto usciva impietosamente dalla cella.
Ritrovò la sua biomaschera su un palchetto e anche la lancia e le altre armi. Per fortuna questa volta non doveva spezzarsi la schiena per riconquistare l'armamento. Si agganciò la maschera proprio mentre uno sprizzo di luce penetrava in quell'oscuro anfratto. Un portale si stava spalancando e già poteva sentire i boati di una folla rumorosa.
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Edited by Alien Queen - 7/9/2012, 22:21